Un’ombra
fuggitiva di piacere – Konstatinos Kavafis –
Adelphi – Pagg. 111 – ISBN 9788845918766
– Euro 12,00
Un
“artigiano del logos”
Trovato
per puro caso mentre curiosavo tra gli scaffali della mia nuova
biblioteca comunale, ho deciso di prendere in prestito e mettere
subito in lettura questo piccolo Adelphi che mi si è
presentato, neanche a farlo apposta, proprio dopo aver terminato la
lettura di una breve, ma gran bella raccolta di prose di Konstantinos
Kavafis ("Una notte a Kalinteri", Edizioni Via del
Vento).
Fino
a poco tempo fa, quindi, non avevo mai letto niente di questo celebre
autore greco, nato e morto ad Alessandria d'Egitto (1863-1933), il
cui corpus poetico è costituito da centocinquantaquattro testi
più un discreto numero di liriche rimaste a lungo segrete per
volontà dello stesso Kavafis. Postuma fu la prima silloge,
datata 1935.
"Un'ombra
fuggitiva di piacere", a cura di Guido Ceronetti, al quale si
deve una pregevolissima traduzione dalla lingua greca, racchiude poco
meno di quaranta poesie che seguono una sequenza cronologica dal 1899
al 1931. Pagine intense che accompagnano il lettore nel mondo del
poeta alessandrino, tra scorci della città natale ed echi di
storia e glorie passate, dove i temi della poetica kavafiana
s'intrecciano seguendo proprio “un'ombra fuggitiva di piacere”
che diviene sostanza e realtà, come recita la lirica dal
titolo “Mezz'ora” da cui è stato estratto il
titolo di questa pubblicazione:
"Mio
non sei mai stato né mai sarai,
Credo.
Fu l'altro ieri:
Uno
sfiorarsi al bar, dirsi qualcosa,
Niente
di più; e già la pena provo
Del
rimpianto, confesso. Ma c'è talvolta
In
noi dell'Arte, di mente tale eccesso
Che
un'ombra fuggitiva di piacere
Trasformiamo
in sostanza, ne facciamo
Realtà
palpabile. Così fu al bar,
L'altro
ieri: complice in me una
Ubriacatura
misericordiosa,
In
rapimento erotico ho vissuto
Per
mezz'ora, assoluto...
[…]"
In
“Terra ionica”, altro notevole testo, ritroviamo
addirittura gli antichi dei:
"E
sradicati i loro simulacri
Dai
loro templi li scacciammo. Eppure
Non
fu morire, questo, per gli Dei.
Perché
t'amano ancora, o terra ionica,
Perché
in loro, ombre, è la vita
Del
tuo ricordo, ancora
D'agosto,
quando il mattino t'irrora,
[...]"
Sono
tanti i versi che colpiscono per la loro profondità e che
spesso richiedono più di una lettura; l'incertezza dell'amore
e del godimento erotico, così come l'inesorabilità del
tempo che fugge, l'amarezza della solitudine e altro ancora vi
trovano spazio attraverso un linguaggio talvolta privo di
edulcorazioni di sorta, tratteggiando al tempo stesso un ritratto
affascinante di questo “artigiano del lógos”,
secondo la definizione data da Ceronetti.
Sempre
a firma di quest'ultimo, chiude il volume "All'accendersi delle
candele", un bellissimo testo che, a mo' di breve racconto,
merita davvero di essere letto e che, nel mio caso, contribuisce ad
accendere la quinta stella!
Laura
Vargiu
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