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  Letteratura  »  Marco Salvador, fra i Longobardi e i da Romano, di Renzo Montagnoli 23/02/2022
 
Marco Salvador, fra i Longobardi e i da Romano

di Renzo Montagnoli



Nelle prime ore dello scorso 16 febbraio ci ha lasciato Marco Salvador. Nato a d Arzene, in provincia di Pordenone, il 10 novembre 1948, dove ha sempre vissuto, è stato, oltre che grande storico, l’autore di romanzi di notevole pregio.

Ho avuto modo di conoscerlo nel lontano 2006 leggendo La casa del quarto comandamento, un libro di estremo interesse sulla realtà degli anziani ricoverati negli ospizi. Successivamente, nemmeno un mese dopo, in novembre, ho avuto il piacere di intervistarlo, ritraendone un’impressione più che positiva, vista la sua missione di scrivere del conflitto fra dominanti e dominati, con il potere che corrompe, e che porta, chi lo detiene, a sopraffare. All’epoca aveva già pubblicato il famoso trittico dei Longobardi, un’opera di grande valore, tre romanzi storici capaci di appassionare il lettore e di fargli comprendere quel che fu la parabola di questo popolo, dal suo avvento alla sua caduta. Così ho letto Il longobardo, La vendetta del Longobardo e L’ultimo longobardo, tutti editi da Piemme; successivamente, nel 2013, uscì per i tipi dello stesso editore Il trono d’oro, dove si parla ancora dei Longobardi, ma di quelli del Sud, divisi in due regni, la cui riunificazione è il tema della narrazione.

Nel 2007 uscì Il maestro di giustizia, una vicenda d’amore costretta a confrontarsi con la dignità nel dolore e con l’eutanasia; questo libro e La casa del quarto comandamento sono stati pubblicati dall’editore Fernandel.

Il rapporto privilegiato era però con le Edizioni Piemme, che infatti stampò anche il trittico su Ezzelino da Romano e i suoi discendenti, tre romanzi che, secondo il mio giudizio, sono i migliori della sua produzione, in particolare La palude degli eroi. Immaginato come una serie di pale d’altare, cioè tanti affreschi che raccontano una storia, il trittico non è solo bello come gli altri libri di Salvador, è addirittura stupendo per capacità di ricreare splendidamente l’ambientazione e l’atmosfera, per i contenuti di grande valore, per uno stile capace di coinvolgere in modo quasi ossessivo nelle scene di battaglia e di rendere trepidi spettatori nelle pagine d’amore, con accenti poetici di non frequente raffinatezza. La palude degli eroi, L’erede degli dei e Il sentiero dell’onore sono fra i migliori in una ideale classifica dei tanti libri che ho

letto. Sono permeati da un senso dell’onore che è dignità dell’essere umano, che è consapevolezza dei propri limiti, ma che è anche assoluta dedizione alla parola data, coerenza e onestà di intenti di cui tanto sentiamo il bisogno.

Successivamente, nel 2017, è uscito un romanzo che è un po un’unicum nella produzione di Salvador, Processo a Rolandina (Fernandel Editore) sulla vicenda di un transessuale finito sul rogo nella Serenissima del XIV secolo, un vero e proprio processo alla diversità subito da questo infelice, opera di grande valore civile, che fra l’altro ha avuto lo scorso anno una trasposizione teatrale. Del 2019 (Edizioni Biblioteca dell’immagine) è poi Una saga veneziana, in cui si parla delle radici dell’autore, di questa origine fiorentina della famiglia emigrata a Venezia nel ‘300, con le vicende dei componenti che si mescolano con quelle della Serenissima, un affresco storico in cui possiamo conoscere come si viveva a Venezia nel periodo del suo massimo splendore.

Questi sono i libri che ho letto e che ho recensito; poi mi risulta qualche altra pubblicazione, come Lapis Lydius (cura del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Volturnia 2018 ) con gli intrighi fra monaci e Longobardi nell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno, e Castelli friulani (Biblioteca dell’immagine, 2020), due volumi sui castelli del Friuli e il relativo territorio, in collaborazione con Matteo Salvador. Prima o poi leggerò anche questi, anche se, francamente, per quanto utili, non credo possano aggiungere altro al mio giudizio ampiamente positivo sullo scrittore Marco Salvador.

Se n’è andato, presumo in silenzio, perché credo che le sue precarie condizioni di salute fossero a conoscenza di pochi intimi e sebbene in questi casi siano frequenti le frasi di circostanza vorrei spendere due parole, non di più, che mi vengono dal cuore: Buon viaggio, Marco, e grazie per i tuoi romanzi che mi hanno fatto sognare.


 
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