Marco
Salvador, fra i Longobardi e i da Romano
di
Renzo Montagnoli
Nelle
prime ore dello scorso 16 febbraio ci ha lasciato Marco Salvador.
Nato a d Arzene, in provincia di Pordenone, il 10 novembre 1948, dove
ha sempre vissuto, è stato, oltre che grande storico, l’autore
di romanzi di notevole pregio.
Ho
avuto modo di conoscerlo nel lontano 2006 leggendo La casa del
quarto comandamento, un libro di estremo interesse sulla
realtà degli anziani ricoverati negli ospizi. Successivamente,
nemmeno un mese dopo, in novembre, ho avuto il piacere di
intervistarlo, ritraendone un’impressione più che
positiva, vista la sua missione di scrivere del conflitto fra
dominanti e dominati, con il potere che corrompe, e che porta, chi lo
detiene, a sopraffare. All’epoca aveva già pubblicato il
famoso trittico dei Longobardi, un’opera di grande valore, tre
romanzi storici capaci di appassionare il lettore e di fargli
comprendere quel che fu la parabola di questo popolo, dal suo avvento
alla sua caduta. Così ho letto Il longobardo, La
vendetta del Longobardo e L’ultimo longobardo,
tutti editi da Piemme; successivamente, nel 2013, uscì per i
tipi dello stesso editore Il trono d’oro, dove si
parla ancora dei Longobardi, ma di quelli del Sud, divisi in due
regni, la cui riunificazione è il tema della narrazione.
Nel
2007 uscì Il maestro di giustizia, una vicenda
d’amore costretta a confrontarsi con la dignità nel
dolore e con l’eutanasia; questo libro e La casa del quarto
comandamento sono stati pubblicati dall’editore Fernandel.
Il
rapporto privilegiato era però con le Edizioni Piemme, che
infatti stampò anche il trittico su Ezzelino da Romano e i
suoi discendenti, tre romanzi che, secondo il mio giudizio, sono i
migliori della sua produzione, in particolare La palude degli
eroi. Immaginato come una serie di pale d’altare, cioè
tanti affreschi che raccontano una storia, il trittico non è
solo bello come gli altri libri di Salvador, è addirittura
stupendo per capacità di ricreare splendidamente
l’ambientazione e l’atmosfera, per i contenuti di grande
valore, per uno stile capace di coinvolgere in modo quasi ossessivo
nelle scene di battaglia e di rendere trepidi spettatori nelle pagine
d’amore, con accenti poetici di non frequente raffinatezza. La
palude degli eroi, L’erede degli dei e Il
sentiero dell’onore sono fra i migliori in una ideale
classifica dei tanti libri che ho
letto.
Sono permeati da un senso dell’onore che è dignità
dell’essere umano, che è consapevolezza dei propri
limiti, ma che è anche assoluta dedizione alla parola data,
coerenza e onestà di intenti di cui tanto sentiamo il bisogno.
Successivamente,
nel 2017, è uscito un romanzo che è un po un’unicum
nella produzione di Salvador, Processo a Rolandina
(Fernandel Editore) sulla vicenda di un transessuale finito sul rogo
nella Serenissima del XIV secolo, un vero e proprio processo alla
diversità subito da questo infelice, opera di grande valore
civile, che fra l’altro ha avuto lo scorso anno una
trasposizione teatrale. Del 2019 (Edizioni Biblioteca dell’immagine)
è poi Una saga veneziana, in cui si parla delle
radici dell’autore, di questa origine fiorentina della famiglia
emigrata a Venezia nel ‘300, con le vicende dei componenti che
si mescolano con quelle della Serenissima, un affresco storico in cui
possiamo conoscere come si viveva a Venezia nel periodo del suo
massimo splendore.
Questi
sono i libri che ho letto e che ho recensito; poi mi risulta qualche
altra pubblicazione, come Lapis Lydius (cura
del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Volturnia 2018
) con gli intrighi fra monaci e Longobardi nell’Abbazia di San
Vincenzo al Volturno, e Castelli friulani (Biblioteca
dell’immagine, 2020), due volumi sui castelli del Friuli e il
relativo territorio, in collaborazione con Matteo Salvador. Prima o
poi leggerò anche questi, anche se, francamente, per quanto
utili, non credo possano aggiungere altro al mio giudizio ampiamente
positivo sullo scrittore Marco Salvador.
Se
n’è andato, presumo in silenzio, perché credo che
le sue precarie condizioni di salute fossero a conoscenza di pochi
intimi e sebbene in questi casi siano frequenti le frasi di
circostanza vorrei spendere due parole, non di più, che mi
vengono dal cuore: Buon viaggio, Marco, e grazie per i tuoi romanzi
che mi hanno fatto sognare.
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