Dialoghi
con Leucò – Cesare Pavese – Einaudi
– Pagg. XIV 224 – ISBN 9788806245931
– Euro 12,00
Tutto
è vita
Nel
frammento di un dialogo, nella portata devastante di un intenso
scambio di parole, nella eccelsa carica espressiva che le anima,
nella musicalità di un quasi verso, nel loro significato più
recondito, ma che appare immediatamente intuibile, è riposta
tutta la forza e la malìa di quest’opera. Nella pagina
che si anima di presenze ancestrali, tutto è logos, parola e
pensiero insieme, verità e menzogna, sicuramente mistero e
insieme finitezza. Impongono un limite, i dialoghi: alla ragione, al
pensiero, alla struttura formale stessa della quale si nutrono.
Vivono di una concisione perfetta e in essa si moltiplicano, ogni
significante rimanda a eterni significati. Parlano gli dei. Parlano
gli uomini. Dialogano tra di loro. Ricordano i primi un tempo che fu,
loro che “non esistono; sono”; loro che sconfissero i
Titani, loro che temono gli uomini che uccidono gli dei e che per
“esprimere un fiore distruggono un uomo”. E gli uomini
ambiscono a essere più che mortali nella loro impossibilità
di vivere, combattono la noia, convivono con la propria sorte dalla
quale non possono sfuggire, hanno paura degli dei e quando non li
temeranno più li uccideranno, ma non sarà questo il
loro destino perché come ricorda Circe ”l’uomo
mortale, Leucò, non ha che questo d’immortale. Il
ricordo che porta e il ricordo che lascia”. Netta è la
separazione tra umano e divino, l’uno non raggiungerà
mai l’altro perché il primo ha costruito il secondo e se
ne nutre e vi si aggrappa ma “tutto quello che gli uomini
toccano diventa tempo” e lì finisce l’immortalità.
La ricchezza degli uomini è la morte, l’attimo che
vivono e che non sanno cogliere nell'imprevedibilità preziosa
dell’istante. Tempus fugit e “si daranno un passato per
sfuggire alla morte” e ricorderanno la felicità vissuta.
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