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  Letteratura  »  La principessa di Cleves, di Marie Madeleine de Lafayette, edito da Garzanti e recensito da Siti 10/05/2022
 
La principessa di Cleves – Marie Madeleine de Lafayette – Garzanti – Pagg. XXIV-159 – ISBN 9788811363682 – Euro 9,00


La galleria degli specchi


Non si può percorrere la storia del romanzo moderno senza aver letto il Don Chisciotte di Cervantes che agli inizi del ‘600 inaugura il genere fungendo da cerniera tra i vecchi ideali cavallereschi - fonte di ironia - e i nuovi slanci individualistici, in una rinnovata lettura della realtà contemplante anche il piano inclinato della follia; a maggior ragione, non si può nemmeno ignorare la novità introdotta, sul finire dello stesso secolo, da questo romanzo che pare poggiare le sue basi esistenziali proprio sul rinnovamento del genere, anticipando anche i moduli del fortunatissimo filone psicologico, senza trascurare di invertire i valori dominanti della società rappresentata. La principessa di Clèves, opera matura di una dama della piccola nobiltà introdotta alla corte del Re Sole, poi divenuta la signora del più prestigioso salotto letterario dell’epoca, è infatti la storia di una giovane sedicenne che per volere materno sposa, con benevola accondiscendenza, il principe di Clèves, introducendosi così nell’intrigante e corrotto mondo di corte, quella di Enrico II, della regina consorte Caterina de’ Medici e della famigerata amante del re, Diana de Poitiers. Una giovane ragazza che non conosce l’amore fino a quando non si sente totalmente attratta e rapita dall’incontro, durante un ballo al Louvre, con il duca di Nemours che, pur essendo tra i più desiderabili uomini di corte, interessato persino al matrimonio con Elisabetta I, non disdegna affatto una parentesi romantica con questa giovanissima e bellissima ragazza, seppur già ammogliata. Inizia così la rappresentazione del tormento interiore della giovane che, finchè è in vita la madre, riesce a tenere testa alle insidie, non tanto dell’uomo quanto del meschino ambiente di corte che la circonda, per poi dover contare solo sul suo estremo senso di onestà che la porta a confessare al marito l’attrazione provata per un uomo del quale preferisce tacere l’identità. L'inverosimiglianza di questa condotta è proprio l’elemento sul quale fa perno la narrazione che, pur continuando ad avvalersi degli espedienti letterari che richiamano la tradizione del romanzo cortese, inizia il ribaltamento di prospettiva, facendo assurgere l’individuo - donna quale essere capace di farsi portatrice di valori morali diversi da quelli dell’ambiente nel quale vive e che non sono neanche i medesimi dei lettori ai quali l’opera che ne narra l’intimo dissidio è destinata: il romanzo nel ‘600 è ancora appannaggio delle sole classi sociali elevate, nobili, occorrerà la nascita della borghesia per farne un genere di più ampia fruizione. Uno stile impeccabile e la rappresentazione rigorosa del contesto storico, ampiamente poggiato su basi documentali inappuntabili, fanno di questo romanzo quindi non solo un archetipo del romanzo moderno psicologico ma anche un anticipatore delle tendenze romantiche da bildungsroman oltre che un gustoso romanzo storico. La trama non manca di colpi di scena e trionfa in un finale aperto che coincide con un respiro di donna eccezionale per intuizione e rigore; senza nulla rivelare, non esito nel dichiarare apertamente che l’analisi offerta dalla principessa è lucida e brillante e di una modernità che si sposa, incredibile dirlo a distanza di secoli, con il più illuminato pensiero di una donna contemporanea ma soprattutto libera.


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