Voci
in fuga – Abdulrazak Gurnah – La nave di
Teseo – Pagg. 416 – ISBN 9788834609767
– Euro 20,00
Ostafrika
Dopo
“Sulla riva del mare” e “Paradiso”, prosegue
la ripubblicazione dei romanzi di Abdulrazak Gurnah da parte della
casa editrice La nave di Teseo. Ora è la volta di “Voci
in fuga”, con cui ritorna in libreria nel nostro Paese il
sorprendente Premio Nobel della Letteratura 2021, di nuovo tradotto
da Alberto Cristofori.
Al
pari dei precedenti due titoli dei mesi passati, anche quello uscito
lo scorso giugno propone un’ambientazione swahili, sullo sfondo
di quell’Africa orientale tanto cara all’autore non a
caso originario di Zanzibar. La narrazione prende avvio intorno
all’inizio del Novecento, quando l’area era in mano alla
Germania imperiale che manteneva il proprio ferreo controllo sulla
sua Ostafrika attraverso la spietata violenza della Schutztruppe, un
vero e proprio esercito coloniale costituito da mercenari indigeni
denominati askari e posto sotto il comando diretto di ufficiali
tedeschi.
“[…]
da quando hanno occupato questo territorio, i tedeschi hanno ucciso
tanta di quella gente che il paese è costellato di teschi e di
ossa e la terra è inzuppata di sangue.”
Tra
i protagonisti del romanzo, Ilyas e Hamza si arruolarono volontari
proprio nella Schutztruppe allorché pure nel continente nero
la prima guerra mondiale reclamò i suoi assurdi teatri di
morte. Dei due giovani uomini (che non si conosceranno mai in maniera
diretta, ma avranno un punto di contatto in Afiya, sorella di uno e
infine moglie dell’altro) soltanto Hamza tornerà per
così dire a casa riemergendo dalle devastazioni della vita
militare, mentre di Ilyas si perderanno del tutto le tracce e la sua
scomparsa rappresenterà un mistero che aleggerà pesante
sino alle pagine conclusive del libro, dove si potrà conoscere
la sorte dell’askaro dopo la fine del conflitto e l’uscita
di scena dei tedeschi con pronta sostituzione, in quegli stessi
luoghi, da parte dei britannici. La trama abbraccia a poco a poco
diversi personaggi, tra principali e secondari, le cui vicende
finiscono per intersecarsi e restare indissolubilmente legate le une
alle altre.
Pubblicato
per la prima volta nel 2020 in lingua originale con un titolo,
“Afterlives”, ben più evocativo rispetto a quello
scelto in sede di traduzione italiana, “Voci in fuga” non
è, a mio parere, tra i migliori scritti di Gurnah. Al lettore
attento che abbia già avuto modo di appassionarsi alle storie
narrate nelle due sopraccitate pubblicazioni non passerà
inosservata, nell’incipit in senso lato, qualche nota stonata
che rende la prosa a tratti un poco confusa, lontana dal fascino di
quella a cui lo scrittore tanzaniano ci aveva abituati; inoltre, si
registra l’assenza di un glossario che avrebbe potuto essere,
come in “Paradiso”, un valido aiuto per comprendere con
esattezza numerose parole ed espressioni in swahili disseminate qua e
là nel testo. La narrazione, procedendo, si riprende a poco a
poco e finalmente, dopo qualche decina di pagine, inizia a diventare
più coinvolgente a partire dal racconto di Afiya bambina,
finché non cattura del tutto man mano che si seguono dentro e
fuori la Schutztruppe le vicissitudini di Hamza (nelle quali si
ritroverà, non senza sorpresa, quelle dell'indimenticabile
Yusuf protagonista di “Paradiso, sin dove lo avevamo lasciato).
Allora si riconosce il vecchio stile di Gurnah, il suo modo di
narrare ordinato e suggestivo, degno di antichi cantastorie, che
d’improvviso ci trasporta in un mondo ricco di echi culturali
davvero interessanti. Intanto, la storia prosegue, accompagnata dalla
grande Storia che scivola in modo sempre più inesorabile verso
nuove invasioni e nuovi conflitti; sarà a questo punto, a solo
una cinquantina di pagine dalla conclusione, che si comprenderà
il significato profondo del titolo originale inglese, quando
inizieranno i “sussurri” del piccolo Ilyas, il figlio di
Hamza e Afiya chiamato con lo stesso nome dello zio scomparso anni
prima della sua nascita.
Purtroppo,
l’ultimissima parte, quella che – come preannunciato –
conduce infine a svelare quanto accaduto all’Ilyas askaro, cade
in una sorta di esposizione fredda e frettolosa che stride
decisamente con tutto quel lungo, precedente intermezzo molto ben
riuscito dallo stile inconfondibile dell’autore. Nel complesso,
un libro che merita comunque di essere letto, seppur non la miglior
prova di Abdulrazak Gurnah. Un romanzo, “Voci in fuga”,
che a sua volta non manca di puntare il dito contro la brutalità
del colonialismo e della guerra in generale, arricchendo senza dubbio
le conoscenze dei lettori occidentali su quell’affascinante
zona dell’Africa orientale e la sua variegata storia.
Laura
Vargiu
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