Poesie
future -
Carla Malerba - Puntoacapo Editrice,
2020
…Noi
qui/ siamo sospesi/come finestre spalancate nella notte…
Carla
Malerba, in queste sua nuova raccolta POESIE FUTURE, ci
sorprende in apertura con una decisa dichiarazione di intenti poetici
e di poetica, avvertendoci già su cosa il lettore potrà
trovare nel libro. Nella poesia che apre la raccolta, infatti,
afferma che cercherà di non farsi dominare dalle “immagini
aperte” perché per lei è
“…meglio
la chiusa parola
che
travesta il mistero
meglio
celare il pensiero
di
ciò che tocca a ciascuno.”
Sceglie,
dunque, di esprimersi tramite quella “chiusa parola” che
rimanda agli antichi poeti provenzali del trobar clus e all’ermetismo
moderno, sceglie una poesia talvolta di difficile decifrazione. Ma in
lei questa non sembra una mera scelta estetica bensì una
sentita necessità della sua anima schiva, che prova pudore a
mostrare “ciò che tocca a ciascuno”, in altre
parole il dolore, come lascia intendere nei versi “...dai
giorni chiari/ si è compiuto il distacco, ne prendo atto/ e
cerco/ la parola che non dica …”
Questa
sua innata ritrosia la porta all’uso di una parola lieve e
velata, ad un raffinato nascondimento che si traduce in versi
delicati e rarefatti, la cui malinconia ci tocca dolcemente.
“…Simile
alla fuga del capriolo incauto/è quella del cuore/per
sottrarsi ai sortilegi dell’ombra…”
E
anche lo straniamento che la sua chiusa parola può produrre
nel lettore, conducendolo fuori dalla realtà consueta a
perdersi nei significati possibili dei versi, è autentico,
perché nasce dalla straniamento esistenziale che lei stessa
prova, nel sentirsi senza patria, “estranea” al qui
(l’Italia dove vive) e al lì (la Libia dove è
nata) e che sortisce versi struggenti “…Oggi nessun
paese/ho nel mio cuore./Di colonne stagliate/su azzurri di acque e di
cieli,/di strade segnate dai millenni/era ricca la mia terra…”
Percorriamo
il viaggio poetico di Carla consistente in quattro lunghi passi
(Straniamenti, Dove nulla si perde, Se vuoi ti cerco, Ritorni) con la
sensazione di trovarci in un cielo stellato, fitto di stelle più
grandi o più piccole, tutte però molto luminose.
Ammiriamo la sua capacità di dipingere con poche essenziali
parole atmosfere stagionali, come accade nel suo raccontarci
l’estate “…Giallo il sole,/lontano un
abbaiare,/una sedia nel mezzo della stanza,..”; ma anche
l’abilità di restituirci iconici ritratti di
persone impresse nella sua mente, come Vera di Oporto o il “gigante
buono” “……gigante buono, in sella/alla
sua harley, /quante volte si era fermato/ sui bordi delle strade/a
raccogliere margherite,/senza mai avergliele date…”
Ci
colpisce il suo modo di raccontarci la luna, “Così
bianca e nebbiosa/la luna/deve sapere di trielina…”“…forse
la lama di luce/ che si posa/ti rivelerà quanto può
costare/un notte di luna. Tanto di struggimento e di dolore…”
e ci fa pensare che, se anche per lei la luna fosse
simbolo della poesia o della sorgente dalla quale sgorga, allora con
questi versi potrebbe volere comunicarci che la poesia non è
solo piacere di esprimersi e bellezza, ma soprattutto mistero e
tormento.
In
molti testi si rivolge ad un misterioso Tu: è inutile
cercare di scoprire la persona reale che potrebbe stare dietro a quel
tu. Come ci dice il critico Daniele Piccini nel suo saggio La Gloria
della lingua, il tu, da Leopardi in poi, rappresenta l’alterità,
serve ai poeti per “definire il senso di sé, delle cose
e del mondo”, può essere perciò un ricevente
immaginario che gli permette il superamento della solitudine e del
mutismo nella finzione di un dialogo potenziale. E in effetti sembra
che i vari tu di Carla le siano necessari ad esprimere i moti del suo
animo inquieto, i quali, sorprendentemente, possono passare
all’improvviso da un estremo e vitale realismo alla
riflessività contemplativa e viceversa.
Tutti
ci possiamo riconoscere nell’inquietudine esistenziale di Carla
Malerba, condensata in questa sua immagine
…Noi
qui/ siamo sospesi/come finestre spalancate nella notte…
con
la quale ci presenta la condizione degli esseri umani, esposti ai
continui cambiamenti interiori ed esteriori, alle avversità,
alle calamità e perciò “sospesi”, nell’
attesa inquieta che succeda qualcosa. Ciò nonostante, simili a
finestre aperte, sempre alla ricerca di una irraggiungibile verità
che sveli il mistero del mondo (la notte) e dia pace.
Però,
oltre la condizione umana precaria, esposta ai cambiamenti continui,
alle perdite e al dolore c’è, per chi la sa vedere e
trovare, la dimensione appagante dell’anima del mondo; là
la poetessa sa inoltrarsi e giungere a quella/questa eternità
mobile, “dove nulla si perde”. Questo conforto ci dà
Carla Malerba con la poesia, per me, più spirituale e
toccante della raccolta, con la quale chiudo le mie brevi note.
Tu
sei
Dove
nulla si perde del vissuto
E
di vissuti diversi ti alimenti,
non
nell’angusto spazio
delle
case di pietra
al
cui richiamo cedo talvolta
per
trovarti,
ma
nell’anima del mondo
con
tutto ciò che è stato dato
di
pollini, di suoni e di silenzi,
di
tempeste e di quiete,
di
tempi e mutamenti
come
dono.
Franca
Canapini
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