Vita
di Galileo – Bertolt Brecht – Einaudi –
Pagg. XXVI 258 – ISBN 9788806219093
– Euro 12,00
Scienza
contro fanatismo
"E
la forza non può fare che un uomo non veda ciò che ha
visto".
Una
lettura che mi incuriosiva da diverso tempo, questa "Vita di
Galileo" di Bertolt Brecht, e che non ha deluso le mie
aspettative. Un'opera teatrale in quindici scene che coprono un arco
temporale compreso tra il 1609 e il 1637, una buona e importante
fetta della vita di Galileo Galilei, uomo di Scienza tra i più
importanti della Storia. La sua vicenda è nota e il grande
drammaturgo tedesco la immortala - tra Padova, Firenze, Roma e infine
di nuovo Firenze - in uno dei suoi lavori più noti e
importanti.
La
figura del protagonista viene ritratta da Brecht in tutta la sua
umanità, forte e fragile allo stesso tempo (si pensi a quando,
nella parte conclusiva, egli ammette di aver temuto di affrontare il
dolore fisico, motivo per il quale ha abiurato dinanzi
all'Inquisizione), prestandosi probabilmente a diverse
interpretazioni, anche alla luce del particolare contesto storico in
cui queste pagine furono scritte (la prima versione si colloca nel
periodo a ridosso dello scoppio della seconda guerra mondiale).
Dunque, un testo in un certo qual modo complesso e non semplice da
analizzare; esso, oltre a dar prova della grandezza drammaturgica di
Brecht, mette in luce il contrasto - tanto per cominciare - tra
ragione e fede, scienza e fanatismo, libertà di pensiero e
censura.
L'opera
offre anzitutto una lettura di piacevole scorrevolezza, ricca com'è
di dialoghi e di personaggi, tra cui spicca in modo particolare
quello del giovane Andrea Sarti, figlio della governante che, in
principio, entra in scena addirittura giovanissimo. Senza dubbio, una
figura singolare, quella di Galileo, la cui rappresentazione - come
scrisse lo stesso autore nelle sue note riportate alla fine
dell'edizione Einaudi che ho avuto occasione di leggere - "[...]
non dovrebbe mirare a stabilire l'immedesimazione e la partecipazione
del pubblico; si dovrebbe anzi lasciare il pubblico libero di
assumere piuttosto un atteggiamento di stupore, di riflessione, di
critica."
Laura
Vargiu
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