Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
 

  Letteratura  »  Grande Meraviglia, di Viola Ardone, edito da Einaudi e recensito da Katia Ciarrocchi 15/09/2024
 

Grande Meraviglia - Viola Ardone - Einaudi - Pagg. 304 - ISBN 9788806257620 - Euro 18,00




"Grande Meraviglia" di Viola Ardone è un romanzo che tocca corde importanti, l´autrice esplora i confini della realtà dei manicomi, svelando storie di persone che sono state internate non solo a causa di patologie psichiatriche, ma anche a causa di oscure manovre sociali e familiari; ci narra di un universo umano, che sebbene segnato dalla miseria, rivela anche una grande ricchezza di esperienze e personalità.
La narrazione si concentra sulla vita di Elba, una giovane che nasce e cresce all´interno del manicomio, dove sua madre, affetta da disturbi mentali, è stata ricoverata. Fin dalle prime pagine, Elba mette in chiaro di non essere pazza, e le sue percezioni del manicomio sono un mix tra il comico e il terribile. Dopo la scomparsa della madre, Elba trova un modo per crescere: scrivendo il "Diario dei Malanni di Mente", nel quale raccoglie le storie e le testimonianze dei nuovi arrivati, che siano pazienti, infermieri o medici.
La vita di Elba prende una svolta significativa con l´arrivo del dottor Meraviglia, un personaggio eccentrico con baffi rossicci, che diventa il direttore della struttura e si impegna a liberare Elba e le altre donne dal manicomio, restituendo loro la dignità persa.
Il dottor Meraviglia accoglie Elba nella sua casa, trattandola come una figlia. Tra i due nascono emozioni e legami profondi, trasformando la loro convivenza in un viaggio di scoperta e crescita personale. Il dottore, attraverso questa esperienza, comprende finalmente il vero significato e il peso della responsabilità genitoriale. Allo stesso tempo, Elba scopre che l´amore e i legami affettivi si fondano sulla tenerezza e sull´affetto sincero.
Il termine "Grande Meraviglia" ha molteplici significati nella storia: rappresenta il dottor Meraviglia, una figura chiave per Elba e le altre donne del manicomio, che con la sua eccentricità e dedizione porta speranza e possibilità di cambiamento. Inoltre, simboleggia le esperienze umane e le scoperte che si fanno nel corso della vita.
Attraverso il racconto della protagonista, Ardone esplora anche i quarant´anni di storia della psichiatria, offrendo un´analisi disarmante di questo "mondo"; il romanzo evidenzia l´importanza di comprendere che le persone internate nei manicomi non sono semplicemente pazienti, ma individui con storie complesse e con una dignità che può essere perduta e poi riconquistata.
"Grande Meraviglia" esplora temi importanti come la malattia mentale, la dignità, l´amore e la responsabilità, trasmettendo l´idea che la vita stessa è una meraviglia, nonostante le sfide che si possono incontrare lungo il cammino. Ardone ci ricorda che la libertà e l´amore sono i veri pilastri della vita, nonostante le difficoltà e le sofferenze che possono attraversarla.
La scrittura di Viola Ardone è ricca, poetica e vera, senza essere cruda.
"Grande Meraviglia" è un romanzo straordinario, un viaggio coinvolgente che è rimasto con me a lungo dopo aver chiuso il libro.


Citazioni tratte da: Grande Meraviglia di Viola Ardone

Cosí mi hanno detto, e io ci credo, perché l´amore a volte ti capita, ma altre ti decapita: ti fa perdere la testa.

La rabbia è un tumore dell´anima,
incastrato tra il cuore e la gola,
e pesa su ogni battito
come un quintale di odio.

Lo sai la tristezza cos´è? È quella cosa che quando ti arriva non vuole andar via e ci vogliono tante Caramelle-rosse e Caramelle-blu e anche l´elettricità, piú e piú volte. Tu ce l´hai, la tristezza?

Tutte quelle che entrano qui credono che sia una disgrazia, ci piangono giorni. E invece stare rinchiuse, ti dico, non è proprio la fine del mondo, è solo l´inizio del mezzomondo.

Sai, al mezzomondo ogni giornata è sempre la stessa: svegliarti quando arriva la luce, andare alle docce, infilare il camicione, mangiare pane raffermo ammollato nel latte annacquato, aspettare il giro delle visite, pranzare. Camminare una mezz´ora nel cortile se non piove, aiutare Gillette con le pulizie, guardare la televisione se non sei stata messa alla corda, cenare, prendere la Caramella-grigia del Buon Sonno, tenerla tra la guancia e la gengiva per poi sputarla senza farti scoprire, attendere che si spengano le luci, sentire gli zoccoli della sorvegliante che battono sulle mattonelle e scendere in un pozzo nero nero, se non hai fatto in tempo a gettare la pillola di nascosto. Aldina ripete che è lo stesso, nel mondo di fuori, però senza pasticche.

Lo sai, una volta Mastro Lindo mi ha detto: scappiamo. Ma gli ho risposto: sei matto, al mezzomondo ci sono tornata per stare con la Mutti, mica perché me l´ha ordinato il dottore!

Torno al mio posto e continuo a raccontare, anche se a lei non importa nulla di me, le importa solo della sua malattia, come a tutte qui dentro: non fanno che lamentarsi dalla mattina alla sera. È questa l´unica differenza con i mica-matti: noi andiamo nude col nostro dolore sempre ben in mostra. La pazzia è una specie di verità.

Perché la pazzia, ricorda, è una cosa che parte dal cuore, quando è troppo caldo o troppo freddo, quando sente troppo o troppo poco e il respiro si fa troppo veloce o troppo lento.

- Non bisogna credere troppo alle proprie speranze, - ha aggiunto, questa volta col tono di sempre.
- Nemmeno alle certezze degli altri, - gli ho detto.

Noi matte siamo piante con le radici in vista, le dico, tutto quello che è sotto si vede da fuori: se abbiamo fame ne abbiamo troppa, se non ne abbiamo non mangiamo piú, se siamo contente cantiamo e balliamo, se siamo tristi è come se fossimo morte da un pezzo. Se abbiamo un sospetto è già diventato realtà, se abbiamo paura, la paura è una porta spalancata sul vuoto. Se abbiamo voglia di parlare, le parole diventano un fiume, come me in questo momento. E se non ne abbiamo piú voglia, allora punto e basta.

Allineo i giochi del chiappariello sul ripiano dello scrittoio, sono di nuovo interi anche se con qualche acciacco, li compatisco. Una vite è avanzata, succede: credi che ogni elemento sia indispensabile e ti accorgi col tempo di poter andare avanti anche senza. Si sopravvive cosí, perdendo pezzi.

Dovrei provare un variegato al pistacchio, dice? Scusi se mi permetto di intrudere, ma lei ce l´ha una laurea?
Abbia pazienza, lo sa che qui c´è gente che soffre? Che la vita di chi chiama è appesa a un filo? Si rende conto che lei ha in mano le forbici per recidere questo filo? Come una delle tre parche, Atropo l´inflessibile dalle lucide cesoie. La morte è un evento ampiamente sopravvalutato, sono d´accordo, ma significherà pure qualcosa prendersi in carico un paziente, anche solo per il tempo di una telefonata, o sbaglio? Forse sono io fuori dal mondo, ma esiste almeno ancora un ordine professionale per gli psicologi?
Crede di sí.
E lei come ha fatto a entrarci senza una laurea?
L´hanno assunta al servizio clienti della Gnam dopo due anni di telemarketing nel campo delle torte gelato.

Quest´anno sono settantacinque e smetterei volentieri di contarli perché non contano piú niente per me. Ma i numeri ci dicono in quale punto ci troviamo sul piano inclinato della vita, e i compleanni, ormai, mi fanno compagnia.
Ho lottato per la chiusura dei manicomi, ma non sono stato un eroe, men che mai un santo, Elba, questo lo sai. Gli eroi sono il prodotto di società repressive, diceva sempre Aldina, ti ricordi? E i santi sono pesi massimi di narcisismo. Io ho solo immaginato di rendere le cose migliori di come me le avevano consegnate, per il resto sono un uomo limitato ed egoista, capace però di alcuni grandi slanci. Ho combattuto, ho fallito, ho provato ancora e qualche volta mi è sembrato di aver vinto, per il resto ho preso per buoni anche i pareggi. Noi non possiamo vincere, diceva Basaglia, perché è il potere che vince sempre. Noi è già tanto se riusciamo a convincere.

E la rabbia ti avvelena i pensieri. Non si può metabolizzare la rabbia. Il dolore sí. L´angoscia sí. La paura anche. La rabbia ti si aggruma intorno al cuore come un catarro che ti impedisce il respiro, a lungo andare. La vita è diventata una cosa cosí ordinaria, cosí poco avvincente.

L´infelicità degli altri, alla fine, ti entra nella radice dei capelli, si insinua sotto le unghie, è un tartaro che si incrosta tra denti e gengive, resistente come il calcare sulle fughe delle mattonelle del bagno, a lungo andare ti consuma fino a farti sanguinare i pensieri.

Ma la felicità è una cosa molto sopravvalutata: rende superficiali. E tu, dico all´immagine che mi osserva di fronte, a differenza di questo specchio, non hai mai avuto molta attitudine a riflettere.

La malattia mentale è un territorio cosí buio e sconfinato che anche l´esploratore piú esperto rischia di perdere la strada.

Alle porte e alle finestre non ci sono piú i catenacci e il mezzomondo somiglia ogni giorno di piú al mondo intero, ma le sbarre sono una parete della mente e la libertà è una chiave nella testa che non so ancora girare.

Quante eredità nascoste passano dai genitori ai figli.

La fede non serve, la fede libera. Ci sono catene visibili, quelle che rompevi col tuo lavoro nei reparti psichiatrici, e ci sono vincoli immateriali: sono i lacci dell´anima.

Ma forse non c´è nessuna logica in queste illogicissime esistenze e tutto quello che siamo riusciti a fare l´abbiamo fatto solo per amore. Di noi stessi, degli altri, di un principio: sono dettagli. Continua a stupire il mondo, figlia mia, anche quando sarò partito, perché tu resti per me la Vera Meraviglia!

Questa è la vecchiaia: barcamenarsi tra il male e il peggio.

L´amore è incomprensibile, una forma di pazzia.



Katia Ciarrocchi



www.liberolibro.it




 
©2006 ArteInsieme, « 014718220 »