Riletture: Trincee. Confidenze di un fante, di Carlo Salsa
di Renzo Montagnoli
In questo periodo, con guerre che infuriano pressoché ovunque, è quasi d´obbligo leggere libri che parlano di conflitti, che ne parlano ovviamente per quello che sono, e cioè un immenso macello e un orrore senza fine.
Al riguardo le opere di valore non mancano, da Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque a Un anno sull´altipiano di Emilio Lussu, da La guerra bianca di Mark Thompson a Orizzonti di gloria di Humphrey Cobb, solo per citarne alcuni, che sono giustamente fra i più famosi.
Così nei giorni scorsi, mettendo un po´ d´ordine nella mia libreria mi è capitato in mano questo Trincee e ho deciso di rileggerlo a distanza di non pochi anni (in precedenza correva l´anno 2006). E´ un libro che è frutto di un´esperienza diretta del suo autore, sottotenente di fanteria impegnato sul Carso fino a quando, un po´ prima della ritirata di Caporetto, venne fatto prigioniero. In genere questi memoriali si presentano tediosi, ma non è il caso di questo libro, soprattutto per la capacità narrativa dell´autore che fornisce senza essere pedante un quadro esauriente della vita trincea, di quel che provavano i soldati, dell´orrore e della miseria che li assillavano ogni giorno.
Non ha l´aspirazione di essere un romanzo storico, ma solo di costituire una testimonianza storica in cui sono riportati i pensieri di chi combatte immerso nel fango, fra corpi in putrefazione, mangiando ben poco e male, insomma una vita che non può che segnare l´animo dei superstiti, tanto che viene da dire che oltre ai tanti morti ammazzati non pochi sopravvissuti sono morti dentro. La capacità di Salsa di descrivere l´ambiente, le atmosfere, la stupidità e l´incoscienza di molti ufficiali, soprattutto superiori, è sbalorditiva, tanto che scorrono davanti agli occhi di chi legge immagini devastanti, in grado di dimostrare in tutta sincerità la tragica realtà della guerra. Non c´è enfasi, non c´è retorica, ci sono solo visioni crude e crudeli, e accomunati in questa tragedia ci sono i soldati di ambo le parti, marionette che vengono fatte ballare da mani di gente ben pasciuta e al caldo di una stanza, mentre chi combatte spesso patisce la fame e soffre di un freddo indicibile. La tensione è sempre presente, lo spettro della morte si aggira fra le truppe, le amicizie fra commilitoni sono contingenti e brevi, perché lì, dove si combatte, le aspettative di vita sono ridotte al lumicino.
Salsa è stato fortunato, preso prigioniero da un ufficiale austriaco durante un´offensiva, e questa sorte benigna lo ha accompagnato anche durante il soggiorno nel lager dove le guardie non erano sicuramente delle belve, ma si pativa tanto la fame, anche per le sciagurate disposizioni del governo italiano di non inviare pacchi con viveri, a differenza di quanto invece facevano inglesi, francesi e perfino russi. Erano carne da cannone e da prigionieri non servivano più, anzi c´era la presunzione di colpa, che cioè si fossero dati al nemico per fuggire la guerra, disonorando così il proprio popolo, non rendendosi conto che chi lo disonorava erano proprio quei capi così insensibili, convinti di una inesistente superiorità.
Mi era piaciuto diciotto anni fa, mi è piaciuto anche ora, forse di più.