PAUL
VALÉRY
POETA
DELLO SPIRITO
di
Fabrizio Manini
Nonostante
nell'opera e nel pensiero di Paul Valéry
(1871 - 1945) siano ravvisabili le influenze di Baudelaire,
il suo vero, grande e forse unico maestro è stato senz'altro Mallarmé, in quanto anch'egli era un appassionato di
ricerche linguistiche d'ordine intellettuale. La precocità di Valery riguardo all'interesse per le lettere, oltre che
dalla presenza di Mallarmé, è dato dalla concomitanza
di intelligenza critica e profondità di espressione. La lucidità di pensiero e
il gusto per l'innovazione, uniti al piacere dell'analisi e alla curiosità
della mente, gli hanno permesso di andare oltre quello che sono stati i parnassiani (come del resto era già avvenuto per Mallarmé). Ma la svolta decisiva fu la conoscenza
dell'opera di Poe, che ne modificò gli orientamenti e lo sospinse verso il
desiderio di una modalità espressiva più pura. La ricerca quasi ossessiva di
perfezione lo indirizzò verso un misticismo di arte per l'arte, attraverso la
qualità del linguaggio in generale e dei singoli versi in particolare che
contemporaneamente manifestavano il rifiuto delle azioni spontanee per
privilegiare quelle della ragione e della mente.
A ventuno
anni Valéry vive una profonda crisi che lo allontana
dalla scrittura e dalla poesia avviandolo per contro allo studio della fisica e
dei numeri. Nel saggio sull'Eureka di
Poe la responsabilità viene attribuita ai dubbi e alle
incertezze dei vent'anni, secondo quella che egli stesso chiamerà crisi dello spirito. La battaglia contro
i discutibili modelli ufficializzati dalla cultura dominante si trasforma nel
poeta in una lotta contro la propria sensibilità e contro quei vezzi affettivi
del tutto inutili alla libertà della mente. Fra il 1895 e il 1896 scrive L'introduzione al metodo di Leonardo da Vinci
e la Serata col Signor Teste nei
quali teorizza una metodologia finalizzata all'esigenza irrimandabile di
chiarezza che lo porta verso la filosofia cartesiana e verso gli studi leonardeschi circa le leggi interne per la conquista di un metodo
d'azione.
Il
distacco dalla letteratura prosegue per due decadi, ma fortunatamente rimane la
frequentazione degli ambienti letterari e il contatto continuo con Mallarmé e Huysmans. Sono anni
relativamente tranquilli per Valéry, il quale ricopre
un incarico ministeriale e spessissimo è a Genova, la città natale della madre.
Il riavvicinamento alla poesia avviene nel 1917 con La giovane Parca; faranno seguito le Odi e l'Album dei versi
antichi nel 1920; e poi la raccolta Incanti
del 1922 nella quale è contenuta la celebre Cimitero marino. Intanto vedono
la luce anche i dialoghi L'anima e la
danza del 1923 e Eupalinos o l'architetto dello stesso anno; i saggi, raccolti nei cinque
volumi dal titolo Varietà (1924 -
1944); gli studi politici Sguardi sul mondo
attuale del 1931 e Dialogo
dell'albero del 1943; la commedia uscita postuma nel 1945 Mio Faust.
Nel Cimitero marino Valéry
si abbandona a una vena melanconica e confessoria dove ci fa sapere che i temi
costanti della propria vita affettiva e intellettuale sono associati alle
visioni e al ricordo del Mare Nostrum (Mediterraneo): mare e cielo si
tramutavano nei protagonisti del poema fino al punto che l'influsso marino
cambiava la sua seduzione lirica in una sorta di intervento quasi tangibile
sulle persone fisiche di chi osservava. Questa forza è indipendente dal
linguaggio e soprattutto esiste da prima di esso;
quindi per Valéry la parola non è l'unica maniera per
esprimersi e per conquistare la realtà, in quanto anche la conoscenza nativa è
un percorso poetico verso la via dell'origine. Il mare comunque rimane sempre
un elemento importante per il poeta perché riesce a conferirgli una sensazione
di completezza e totalità, suscitando in lui emozioni nel corpo e nella
fantasia.
L'Italia
ha sempre avuto molta impotanza nella vita di Valéry. Il padre era corso, la madre genovese, egli aveva
una predilezione per Leonardo e grandi simpatie per la mentalità pragmatica e
artistica rinascimentale; il popolo italiano, secondo Valéry,
aveva un sentimento delle arti sempre collegato alla vita, tanto che ne esalta
gli intenti e le evidenze nel Preambolo
al catalogo dell'esposizione d'arte italiana. In uno scritto del 1924
dedicato a Genova, Valéry ricama ulteriormente sulla
nozione di italianità che, nel suo pensiero, trova corrispondenza nella
semplicità di vita, sincerità interiore, gusto della realtà limitato
all'essenziale, sostanziale spensieratezza e presenza di segreti.
Gli
ultimi anni della sua vita lo vedono lavorare controvoglia nelle università. La
sua fama è ormai nazionale e l'allocuzione su Bergson,
che era di origini ebraiche, conferma la sua indipendenza intellettuale. Con la
liberazione esce dall'isolamento voluto dai fascisti; prende la parola in
occasione del 250° anniversario della nascita di Voltaire parlando per tutta la
nazione francese e per l'intera umanità. Alla sua morte viene sepolto nel
paesino di Sète, dove era nato e al quale era rimasto
sempre legato da un affetto profondo.