Leonardo Colombati
Perceber
Collana questo e altri mondi, Sironi Editore
Si vocifera che la letteratura italiana sia
tornata grande: io ho i miei dubbi in proposito, in
quanto non è letteratura tutta quella che viene scritta. Tanti libri
pubblicati, nomi piuttosto famosi forse fin troppo, ma la sostanza poca o
nulla. Difficile orientarsi fra le tante uscite
editoriali che si promettono come letture lisergiche e addirittura imperdibili:
a sentire certi critici sembrerebbe quasi che ogni novità sia indispensabile.
Così non è, niente è indispensabile, solo poche letture meritano veramente
d'esser definite tali; in Italia tanti scrittori, pochi però quelli che
meritano.
In questi ultimi dieci anni la novità più grande risale a pochi anni fa con Tullio Avoledo e il
suo “Elenco telefonico di Atlantide”:
il successo di critica e pubblico fu subito consegnato alla storia, ma senza
dimenticare né l'autore né il suo elenco. Dopo il
primo romanzo, Avoledo ha dato alle stampe altri due romanzi importanti, “Mare di Bering” e “Lo
stato dell'unione”
confermandosi tra i più originali divertenti e impegnati scrittori italiani.
Nel frattempo, Valerio Evangelisti
ha partorito “Antracite”
e “Noi
saremo tutto”,
due romanzi che è giusto definire, almeno a mio avviso, letteratura. Nel 2004 Wu Ming 1
ha pubblicato “New
Thing”,
il romanzo perfetto e sempre nello stesso anno Wu Ming 2
è uscito in libreria con un altro lavoro solista, “Guerra agli umani”:
entrambi i lavori sono quel quid di cui la letteratura italiana ha sempre avuto
bisogno. Ugo Riccarelli con “Il dolore perfetto” merita
giustamente il premio Strega; ma come dimenticare “Il
suicidio di Angela B.” di
Umberto Casadei? E
non è possibile dimenticare i romanzi di Giuseppe
Genna, almeno due su tutti, in particolare, “Non
toccare la pelle del drago” e
il più perfetto ancora “Grande Madre
Rossa”.
Sempre inimitabili rimangono scrittori come Umberto Eco, Aldo
Busi e Sebastiano
Vassalli, che tra il 1995 e il 2005 ci hanno consegnato libri
resistenti che sono già nella storia della letteratura. Ma anche voci nuove si
sono affacciate nel panorama editoriale: Tommaso
Pincio, Laura Pugno,
Emanuele Trevi, Mario
Desiati,
Isabella Santacroce… L'elenco sarebbe lungo, molto. Ma a questo elenco di autori
meritevoli e di più, va accostato un elenco
spropositatamente lungo di autori che hanno invece invaso pagine e pagine di
scrittura usa e getta. Facendo un
rapido quanto approssimativo bilancio, la lista degli scrittori, che
semplicemente hanno imbrattato voluminose pile di carta, è numericamente
superiore a quella di chi invece ha regalato ai lettori e alla critica pagine
indimenticabili di alta letteratura.
Considerazioni queste, solo delle considerazioni, ma che servono a introdurre
una letteratura nuova, forte, quella che da almeno quindici anni noi tutti
aspettavamo, quella di Leonardo
Colombati. Circa un anno fa, Giuseppe
Genna
urlò - sì, urlò - ‘al capolavoro':
il romanzo di Colombati,
“Perceber”, prima che
fosse in libreria era già stato detto ‘capolavoro'. Molte perplessità -
giustamente - furono avanzate a quei tempi, che tanto remoti non sono: nessuno
aveva letto “Perceber”,
solo pochissimi fortunati. Un anno è passato, e “Perceber” di Leonardo
Colombati è oggi in libreria: il 5 maggio 2005 il capolavoro
misterioso
è entrato nelle case di critici e semplici lettori. Una data storica, per
quanto mi riguarda, ma che dovrebbe riguardare anche tutti voi amanti della letteratura. Un anno fa, o giù di lì, avevo anch'io le
mie perplessità che nascevano soprattutto dal fatto che un
romanzo non ancora uscito venisse indicato come Capolavoro. Oggi, dopo severa
lettura, finalmente, posso asserire che il “Perceber” di Leonardo Colombati è effettivamente
un Capolavoro e non un fondo di bottiglia o fumo negli occhi. Ferruccio Parazzoli, sulle colonne
di Famiglia Cristiana
(12 maggio 2005), scrive: “Avete mai
letto un romanzo illeggibile? No? Adesso ne avete
l'occasione. La sfida sta proprio qui: leggere Perceber è leggere un romanzo illeggibile. Perché? Che cosa significa illeggibile? Si tratta di un attributo positivo o negativo? Adesso che l'abbiamo
fatta, dimentichiamoci la domanda: è vecchia, superata. Di
buonsenso, non c'è dubbio, ma superata. Figurarsi che se la posero i
primi lettori dell'Ulisse di Joyce, e in molti se la pongono ancora, anche se
più tardi, molto più tardi, si capì che il libro era leggibile.” Molti
hanno già visto in “Perceber” un romanzo difficile, se non addirittura
impossibile. Ci si è spinti sino al punto di dire,“romanzo sui romanzi, parole sulle parole, labirinti, tutto post:
post-romanzo, post-letteratura” (qui).
Sorge a questo punto spontaneo il dubbio che
alcuni lettori o sono incapaci di comprendere un vero romanzo quando ce l'hanno
fra le mani, o solo preferiscono definire “letteratura” quella che
infarcisce i giornaletti che certi parrucchieri e dentisti mettono a
disposizione dei clienti-pazienti mentre attendono il loro turno per farsi
amputare un po' di capelli o una carie. Io sono convinto che sia sbagliato
indicare “Perceber”
come un libro difficile. Non è difficile, è invece
facile credere che la gente guardi a “Perceber”
come a un libro difficile. Il serio problema -
gravissimo - per la cultura italiana, anzi per i pochi lettori italiani, è che
ormai si è quasi tutti abituati a leggere libelli di poco o nullo significato, il cui contenuto è pari a quello d'un brick di latte andato
a male da almeno dieci anni. Ormai se non si parla ai
potenziali lettori tramite dei clichè, questi non capiscono né la rava né la
fava. Ma non è che con i clichè i lettori capiscano: molto più semplicemente
gli si dà la solita solfa a cui sono ben mitridatizzati. Essendo “Perceber” un romanzo che non si
basa su dei clichè, allora viene tacciato d'esser difficile.
“Perceber”
accoglie una miriade sterminata di personaggi - è un entrare dentro le mura di Roma
investigandole da cima a fondo, ma è anche un entrare nei personaggi, infatti questi sono parte
integrante della Roma immaginata e descritta da Leonardo Colombati - e allargandoci di Perceber. Ogni personaggio è chiave
e serratura in “Perceber”. Personalmente io ho trovato il lavoro di Colombati un gran romanzo - come
non se ne leggevano da quindici anni a questa parte. Ma
quindici anni fa, i lettori erano più intelligenti e vogliosi di scoprire.
Oggi, invece, sono addomesticati a digerire letture insipide e vuote, che non
sono neanche paragonabili al Nulla totale e assoluto. Colpa non è solo degli
autori che hanno pubblicato libri ridicoli, ma anche
di molti editori che si sono impegnati a stampare e a promuovere romanzi che
tali non sono.
Che cosa realmente accade in “Perceber”? Accade Tutto e
Niente. Dall'intervista a Leonardo
Colombati:
Nella Premessa al romanzo, avviso il lettore che la struttura di Perceber mi è stata indispensabile per scrivere, ma non lo
è per chi voglia cimentarvisi. Il mio intento
originario era quello di comporre un Inferno
in cui al posto delle bolgie e dei gironi ci fossero i rioni e i
quartieri di Roma. Sopra questa mappa, mi è venuto naturale sovrapporre una
“griglia” mutuata dalla Cabala ebraica. La cosmogonia della
mistica ebraica è, secondo me, uno dei vertici dell'umana intelligenza. È un sistema bellissimo. Dio, che è tutto, vuole creare. Per farlo deve autolimitarsi per lasciar spazio alla sua creazione.
Questa è la fase che Isaac Luria chiama di contrazione. Ed in effetti si
può immaginare Dio che trattiene il respiro, tira
indentro la pancia, e fa un vuoto. Quando, alla fine, espira, emana delle luci,
che progressivamente concorrono a formare il mondo
archetipo; un mondo che è emanazione degli attributi divini. Queste luci
vengono raccolte in dieci vasi, che s'immaginano disposti in modo che disegnino
una figura umana: l'Adamo cosmico. Un Mondo e un Uomo
siffatti sarebbero perfetti. Purtroppo accadde che i recipienti dal quarto al
nono non resistettero alla sollecitazione della luce
di Dio e si ruppero. Parte di quella luce tornò alla
Fonte, ma un'altra parte precipitò assieme ai cocci, generando la materia
grossolana e il male. Dopo questo evento drammatico, Dio fece un secondo tentativo di irradiare i suoi attributi fuori da
sé e ci riuscì (anche se ormai il male era ineludibile). Restava
da costruire la realtà naturale. Per far ciò, Dio si
serve delle ventidue lettere dell'alfabeto ebraico. In effetti, il Genesi
inizia così: “E Dio disse: ‘Sia la luce'. E la
luce fu”. La parola luce esisteva prima di ciò che rappresentava. Ma la faccio
breve: se fossi riuscito a sovrapporre la mappa di Roma allo schema
cabalistico, avrei fatto di Roma un Mondo, e un Uomo. L'avrei fatta vivere. Così ci ho provato.
Niente di particolarmente originale: più o meno la stessa cosa l'ha tentata
Joyce nell'Ulisse.
Difficile, se non addirittura
impossibile, riassumere per intero la trama di “Perceber” in poche righe. Tutto ha inizio a Roma il 6
luglio del 2000 a mezzogiorno in viale
Trastevere. Un uomo, uno dei tanti, attraversando la strada viene travolto da
un tram che gli trancia di netto la gamba destra; ad assistere alla scena un
giornalista, Giovanni Migliore, Luigi Dodo, un giovane medico assillato da
incubi - che potremmo dire gemellari -, e Antonio Baldini, un avvocato in
pensione che definire eclettico sarebbe imperdonabile atto di superficialità in
quanto ha ben più d'una rotella fuori posto. Baldini, da tempo, nutre in seno
l'idea d'un fantomatico Piano che dovrebbe agire sull'Urbe per renderla corpo
vivo, nel tentativo (forse) di cambiarla dalle fondamenta.
L'uomo viene portato d'urgenza in ospedale: sopravvive e riprende la sua
attività di sempre, quella sedentaria. In fin dei conti,
apparentemente, l'amputazione subita dallo sfortunato non ha cambiato niente di
niente né in Roma né nella vita dell'amputato: ma la gamba, misteriosamente,
sparisce dal cimitero dov'era stata sepolta e di colpo i tre testimoni
diventano degli indagati. Nell'intanto Baldini, a cavallo della sua motocicletta
- un vecchio motorino Benelli -, tenta di dar corpo al suo Piano, venendo a
contatto con la mafia cinese ma soprattutto con il mistero di Perceber, piccola
cittadina portuale spagnola. Perceber è una cittadina a dir poco strana,
difatti a partire dal XVI secolo gli abitanti non possono fare a meno di
parlare in continuazione senza riuscire a posare una sola pausa tra le tante
parole che invadono le loro bocche. E il dottor Dodo, in odore di pedofilia
immaginaria, afflitto dal ricorrente incubo di due gemelle intraviste sulla
copertina d'un famoso disco rock, scivola sempre più in una realtà
terrorizzante, alternativa; e il giornalista Migliore - chissà perché e percome
- si getta a capofitto in un'indagine, quella di scoprire l'identità del
responsabile dell'incidente di viale Travestere, rimanendo così coinvolto suo
malgrado nella follia che è già di Baldini e Dodo. Si entra in Roma, si entra
in Perceber, incontrando un mondo di personaggi realmente esistiti ma anche
perfettamente letterari: Alessandro Magno, il cabalista Ashèr B. David,
Copernico e la sua concubina, Mozart e Casanova, il marchese De Sade col suo
maggiordomo Latour, Fregoli e il trio Lescano; ed ancora rabbini e
prosivendole, e poi le statue parlanti di Roma, per arrivare all'anno 1233,
quello della fondazione di Perceber che vide la messa al bando di tre elementi,
d'una trinità, ovvero il
bianco, il silenzio e lo zero. La scrittura di Leonardo Colombati è investimento che porta tutto il
meglio della fantasia - di autori quali Cervantes, Henry Fielding, James Joyce,
Micheal Chabon, Thomas Pynchon, García Márquez e Umberto Eco -, in uno scritto,
in un romanzo più unico che raro, in “Perceber”
che è poema eroicomico in prosa. La letteratura inizia a diventare grande con “Perceber”, anche se non basta una
manciata di autori italiani per dire che la letteratura italiana è grande;
tuttavia autori quali Leonardo Colombati, Tullio Avoledo, Umberto Casadei ci
fanno ben sperare per il futuro.
Tra tanti libri osannati dalla critica a ragione o a torto,
sicuramente “Perceber”
è quel titolo, quel libro che ha gettato le basi per una letteratura grande,
pienamente godibile e mai banale. E se dovremmo aspettare altri dieci
anni (o undici o di più) per leggere un nuovo
capolavoro di Colombati, varrà la pena d'aspettare perché un romanzo che sia
assoluto ha bisogno d'esser pienamente maturato, anche se noi tutti ci
auguriamo di non dover
attendere così tanto tempo. “Perceber”
di Leonardo Colombati,
poco ma sicuro, è opera indispensabile al nostro tempo, alla cultura; solo vi
prego di non scadere nella sterile retorica che in questi giorni infiamma le
pagine dei mass-media, in quella che vorrebbe inquadrare il lavoro d'un autore
tra le fila di destra o di sinistra. Leggete invece “Perceber” senza lasciarvi amputare
l'intelligenza dai pregiudizi, perché è quel
Capolavoro che mancava alla Letteratura italiana da almeno quindici anni.
Perceber -
Leonardo Colombati - Collana: questo e altri mondi - Sironi Editore
- Codice ISBN: 88-518-0049-9 - Pagine: 512 - € 17,00
di Giuseppe Iannozzi