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  Letteratura  »  Guido Gozzano Crepuscolarismo borghese antisuperuomo, di Fabrizio Manini 06/01/2008
 

GUIDO  GOZZANO

Crepuscolarismo borghese antisuperuomo

 

di Fabrizio Manini

 

    Gozzano nasce a Torino nel 1883 da una benestante famiglia borghese di medio-alto livello. L'infanzia e la giovinezza le trascorre prevalentemente in Piemonte, in particolare nella tenuta della villa del Meleto, nel Canavese, di proprietà della famiglia. Pur frequentando l'università si rifiuterà sempre di prendere una laurea, poiché preferisce frequentare come auditore la facoltà di lettere durante le spiegazioni del Graf. Gli eventi importanti della sua breve vita (morirà di tisi a trentatre anni) sono la relazione affettiva con la poetessa Amalia Guglielminetti e il viaggio in India dettato dal gusto dell'esotico e dal piacere dell'avventura. Gozzano è un poeta che descrive e che racconta; i suoi lavori sono accurati, con una grande attenzione (mai eccessiva) ai particolari, ma l'etichetta di poeta-narratore non sta a significare distanza dalla lirica; l'intenzione di narrare un evento e di trasformarlo in una sorta di favoletta contemporanea si manifesta comunque all'interno del bisogno di contemplazione, tipico della scrittura poetica, e prevede quasi l'obbligo di creare una particolare atmosfera piuttosto che una trama narrativa. Ad esempio in Signorina Felicità hanno un locus di grandissimo rilievo la fuga dalle morte stanze, l'edificio inabitato, il Centauro, la tela di Ercole e soprattutto il “suo” Canavese con Ivrea Turrita. Gozzano si può considerare un classico in quanto ha rifiutato sia la dimensione lirica rivolta completamente all'interiorità (tipica del Decadentismo) sia il gusto per scene troppo perfette di racconti ben delineati. Probabilmente è questo che spiega il successo riscosso presso il pubblico grazie al fortissimo impatto della sua lirica sui contemporanei; dopo di lui il divario fra lettori e poeta è andato continuamente aggravandosi. Come dirà Montale la lingua è straordinariamente nuova perché Gozzano è il primo poeta che abbia fatto scaturire scintille dal cozzo dell'aulico con il prosastico.

    Gozzano è considerato il più rappresentativo fra i crepuscolari, anche se tale definizione gli è un po' stretta; egli, infatti, oltrepassava decisamente i limiti della vulgata scolastica, dimostrando una personalità spiccata e ben distinta. Le espressioni e le immagini tipiche di questa “scuola” (ospedali, tramonti, chiese, organetti di barberia e l'idea generale di abbandono) si ritrovano nei suoi versi, ma senza enfasi; le immagini di Loreto impagliato, della belle Otero, de “le buone cose di pessimo gusto” hanno un senso diverso nei suoi scritti e nelle sue intenzioni. Non c'è la partecipazione quasi ingenua di Corazzini, in quanto su tutto si stende un velo di ironia lucido e appena accennato. Nei suoi testi sono intrecciati continuamente commozione e scherzo, ma in modo raffinato senza mai pervenire a una dimensione puramente intellettualistica. Inoltre Gozzano sapeva rivisitare i tempi trascorsi, più felici nel ricordo: ad esempio la metà dell'Ottocento dell'Amica di nonna Speranza, in cui era possibile corteggiare e amare, oppure il Settecento francese di Paolo e Virginia, dove il poeta si identifica con Paolo creando così una tenera e garbata commozione nei lettori. I suoi “quadretti” non cadono mai nella retorica proprio in virtù della distanza apportata dall'ironia; del resto Carlo Calcaterra aveva individuato l'elemento più significativo della poetica di Gozzano nell'accorata capacità del guardarsi vivere sorridendo.

    Nel 1907 pubblica la sua prima raccolta poetica, La via del rifugio; ma quello sarà anche l'anno in cui inizia a manifestarsi la malattia che lo accompagnerà per tutta la vita. La necessità di scrivere si scontra in continuazione con l'andamento della vita medio-borghese, ma la malattia, in un certo senso, mette il poeta in una condizione di superiorità se non di vera e propria liberazione: il mondo della borghesia non tollera, per alcun motivo, la diversità e dunque un'avventura letteraria sarebbe stata vista come una stranezza da eliminare o di cui vergognarsi; tuttavia, Gozzano, oltre a non avere la necessità del guadagno, paradossalmente deve ringraziare proprio la tisi che gli permetterà di non sentirsi obbligato a seguire il percorso prestabilito dalla moralità corrente. Egli non può sposarsi tranquillamente come la maggior parte degli altri uomini, non può pensare ai figli, alla famiglia, alla carriera, proprio perché è lucidissimo nella sua consapevolezza che molto presto lo attende la signora di nulla vestita. Questa particolare situazione di diversità, comunque, non porterà mai il poeta a commettere eccessi o a comportarsi in maniera discutibile, come invece è avvenuto per alcuni “colleghi” simbolisti francesi. Nel 1911 pubblica la sua seconda raccolta poetica dal titolo I colloqui; tale opera è unanimemente considerata il capolavoro di Gozzano, nonostante sia composta da appena ventiquattro liriche. I temi riprendono quelli della precedente raccolta, ma mentre nella prima c'è la ricerca di uno spazio separato (il rifugio appunto) in un'ottica esterna all'ambizione sociale e personale tipica di colui che in una certa misura rinuncia alla vita, nella seconda viene affrontato con esiti incerti un vagabondaggio sentimentale (Il giovenile errore) attraverso una vita che si svolge sotto la costante e pressante minaccia della morte (Alle soglie) che costringe ad accettare l'esistenza anche quando è priva di valore (Il reduce).

    Un certo estetismo di tipo vagamente dannunziano è rintracciabile in tutta l'opera di Gozzano, ma nelle sue mani una materia tipicamente intellettuale e letteraria diviene autentica poesia. L'ironia sottile quasi impercettibile non sminuisce una partecipazione commossa alle vicende che vengono raccontate e questo porta i crepuscolari a una perdita di fiducia nei valori tradizionali. Essi rifiutano (sebbene non nettamente) gli stilemi della poesia decadente o retorica risorgimentale, orientandosi verso l'intimismo di chi si sente incompreso nella società stessa che ha creato il disagio e lo stanco trascinarsi della vita di ogni giorno in un diffuso malessere dovuto alla crisi di certezze.

    Il testo che vi propongo è la parte iniziale de L'amica di nonna Speranza, nella versione riveduta de I colloqui. È una poesia costituita da distici di ottonari o novenari a rima interna che utilizzano un lessico comune, quotidiano, sapientemente mescolato con un linguaggio aulico attraverso una sintassi prosaica e lineare.

 

Riferimenti: Guido Gozzano, Poesie, Fabbri Editori.

 

 

 

L'amica di nonna Speranza

 

Loreto impagliato ed il busto d'Alfieri, di Napoleone

i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto),

 

il caminetto un po' tetro, le scatole senza confetti,

i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,

 

un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,

gli oggetti col monito salve, ricordo, le noci di cocco,

 

Venezia ritratta a musaici, gli acquarelli un po' scialbi,

le stampe, i cofani, gli albi dipinti d'anemoni arcaici,

 

le tele di Massimo d'Azeglio, le miniature,

i dagherottipi: figure sognanti in perplessità,

 

il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone

e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,

 

il cùcu dell'ore che canta, le sedie parate a damasco

chèrmisi… rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!

 

 
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