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  Letteratura  »  William Navarrete, un poeta cubano a Parigi, a cura di Gordiano Lupi 25/01/2008
 

William Navarrete, un poeta cubano a Parigi

                        di Gordiano Lupi

 

William Navarrete è nato a Cuba nel 1968 ma vive a Parigi dove ha pubblicato in lingua francese i saggi: “La chansone cubaine (1902 - 1959) e “Cuba: la musique en exil. A Miami invece ha pubblicato “Centenario de la República cubana”, una serie di saggi storici sulla vita repubblicana a Cuba dal 1902 al 1959. William Navarrete è scrittore, ricercatore e critico d'arte e con la sua ultima opera “Edad de miedo al frio” (edita da Advana Vieja di Cadice nel 2005) ha ricevuto dal Circolo di Cultura Panamericano di New York il prestigioso Premio Internazionale di poesia Eugenio Florít. William Navarrete ha fondato l'Associazione per il Centenario della Repubblica Cubana che ha pubblicato trenta fascicoli della rivista intitolata “100 Años” e ha diretto la collana di musica cubana di Sonodisc a Parigi. Nel 2003 ha fondato la Associazione per la Terza Repubblica Cubana, una piattaforma per una transizione democratica a Cuba che si propone di sensibilizzare la comunità internazionale su questo tema. Come storico dell'arte ha organizzato varie esposizioni di pittura cubana in tutta la Francia e ogni mese organizza un'attività a tema cubano nella Casa dell'America Latina di Parigi. Il poeta cubano collabora anche al “Nuevo Herald” di Miami e ad altre prestigiose pubblicazioni in America e in Europa. In campo poetico William Navarrete ha preparato prima un'ottima “Antologia di poesia Cubana Contemporanea a Parigi”, edita sempre in Spagna, e poi si è dedicato a  questa personale raccolta di poesie di ottima qualità che la critica francese ha paragonato alle liriche di Saint-John Perse. Nella poesia di Navarrete  incontriamo molte influenze classiche che risentono di una contaminazione europea, moresca e mitologica. Navarrete è di sicuro allievo di José Lezama Lima, il più grande poeta cubano di tutti i tempi e incontra nella eredità ellenica e nei miti dell'Europa antica, il punto di partenza del suo proprio linguaggio immaginario. La forma ricercata delle liriche e il modo di esprimersi così pieno di sentimento rivelano la radice caraibica dell'autore. A volte compaiono impercettibilmente gli elementi della natura cubana, la situazione dell'isola, i ricordi d'infanzia e molti dettagli della vita di oltremare. Ci sono alcune poesie che parlano della sua vita in Europa ma evocano la lontana e amata Cuba. “Bucentauro” (in italiano “Bucintoro”), per esempio, che di seguito abbiamo tradotto, evoca la fragilità e la bellezza di Venezia e paragona alla città italiana in decadenza il destino oscuro dell'Avana. Venezia e L'Avana per ragioni differenti sono due città che lottano contro il tempo che le distrugge e le logora. “Bucintoro” era il nome di una nave gigantesca con la quale una volta all'anno usciva il Doge di Venezia con la sua corte  per celebrare le nozze di Venezia con il mare. L'ultimo Bucintoro lo affondarono e bruciarono i francesi nel Canal Grande durante l'occupazione napoleonica della città. Nella lirica “Boabdil abandonando en el jardín del amor” invece Navarrete vuole rievocare la grandezza del Califfato di Cordova e del suo ultimo re moro prima della riconquista della città di Granada e del palazzo dell'Alhambra. La lirica è anche un omaggio a Federico García Loreca, il più grande e il più cubano tra i poeti andalusi. I versi di Navarrete parlano di solitudine e di allegria, in una parola raccontano la vita e le incertezze di tutti gli uomini. “Aedad de miedo al frío” è una raccolta di liriche profonde che analizzano i timori e le paure umane, quei fantasmi dell'infanzia che non ci abbandonano mai. Navarrete evoca incubi incancellabili e rende prigionieri dei suoi magnifici versi dove ognuno di noi trova parte della sua vita.

Nel corso del 2005 le Edizioni Il Foglio presenteranno ai lettori italiani la poesia di William Navarrete, nella traduzione di Ilaria Gesi che sta elaborando sotto al supervisione dell'Istituto di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Pisa la versione italiana di “Età di paura al freddo”. Siamo certi di colmare una lacuna nella produzione editoriale italiana e di far conoscere al pubblico una voce libera e indipendente della poesia latinoamericana in esilio.

 

 

 

Bucentauro

 

di William Navarrete (Cuba, 1968)


vit-on atteler des hippocampes d'or?
Jean Cocteau

 


Violaste el secreto de tu mar, ciudad perdida,
divagas en lo denso de la niebla
que esparce sus presagios esta noche
en que ni una sola estrella te dará la bienvenida
como has hecho, día a día,
con los peces que lamían tus pies
con las olas que besaban tu rostro,
pérfido rostro de mortal,
en la mansa quietud de una plaza
y pérfida alianza con el mar
que traicionaste hendiéndole profundo
tus cantos arrogantes de ciudad,
tus pasos inseguros sobre el agua.

Maldita quedas y el castigo
te llega de la tierra que nunca ha desafiado
al reino de las algas que desprecias
queriéndolas burlar
en cada surco abierto entre tus islas,
cada puente, vuelo seco,
cada mármol en cruz, temblor de niña.

Ahora, ya ves,
tu mejor nave yace al pie de las murallas
y sólo un haz de oro entre las olas,
cuando las nieblas se disipen,
hará que olvides un instante tu desgracia.

Venecia, 1999

 

 

 

Da “Edad de miedo al frío” – Editorial Advana Vieja – Cadice, 2005

 

 

 

Bucintoro

 

Traduzione di Gordiano Lupi

 

vit-on atteler des hippocampes d'or?
Jean Cocteau

 

Hai violato il segreto del tuo mare, città perduta,

divaghi nella densità della nebbia

che sparge i suoi presagi in questa notte

dove nessuna stella ti accoglierà

come tu hai fatto, giorno dopo giorno,

con i pesci che lambivano i tuoi piedi

con le onde che baciavano il tuo volto,

perfido volto di mortale,

nella placida quiete d'una piazza

e nella perfida alleanza con il mare

che hai tradito sprofondando negli abissi

i tuoi canti arroganti di città,

i tuoi passi incerti sopra l'acqua.

 

Sei maledetta e la punizione

ti viene dalla terra che non hai mai sfidato

il regno delle dighe che disprezzi

volendole burlare

in ogni solco aperto nelle tue isole,

in ogni ponte, volo secco,

in ogni marmo in croce, tremore di bambina.

 

E ora vedi,

il tuo miglior vascello giace ai piedi delle mura

e solo un fascio d'oro tra le onde,

quando le nebbie si disperdono,

ti farà per un istante dimenticare la tua disgrazia.

 

Venezia 1999

 

 

 
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