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  Letteratura  »  Carmen Lama ha recensito Viaggio in V classe, di Aurelio Zucchi – Edizioni Il Filo. 17/04/2008
 

Viaggio in V classe, di Aurelio Zucchi – Prefazione di Pietro Zullino – Edizioni Il Filo – Pagg. 264 – ISBN  88 - 7842 - 576 -1 - € 14,00

 

Recensione di Carmen Lama

 

Sorprendente il rumore silenzioso della vita di una classe degli anni '60 tratteggiato con toni tenui, neppure velati da trasparenze, ma piuttosto messi sotto una lente d'ingrandimento, dall'autore Aurelio Zucchi. Si riesce a seguire momento per momento quel che accade, non soltanto sotto gli occhi di tutti, ma anche nell'intimo dei vari personaggi. Lo scorrere limpido del discorso permette di seguire la trama di quest'avventura giovanile destando anche quel tanto di curiosità che stimola la continuazione della lettura, quasi tutta d'un fiato, perché si vorrebbe comprendere come e quanto sia possibile dire di  interessante, a partire da fatti più che quotidiani e quindi quasi banali, su cui normalmente non ci si darebbe forse la pena di tornare se non col semplice ricordo frammentato, in relazione magari a semplici episodi rimasti in mente per qualche particolare strano, o significativo, o divertente, ecc…

In questo libro, invece, viene ripercorsa tutta la storia di una classe fino a che sia giunta al traguardo della cosiddetta “maturità”, in un contesto socio-politico-culturale importante quale quello del '68, che però appare soltanto sullo sfondo senza essere neppure tanto sentito sulla pelle da questi giovanotti, i quali amano studiare per il gusto di sapere e di apprendere, piuttosto che per far piacere a genitori esigenti o agli stessi insegnanti portati a misurare i loro successi e insuccessi in relazione ai risultati raggiunti dai loro allievi.

La classe di cui tratta Aurelio, protagonista principale in quanto anche narratore, è sui generis. Non è una classe qualunque. Oserei dire che mi piacerebbe potesse porsi a modello di come dovrebbero essere le classi scolastiche, non soltanto negli ultimi anni di scuola, ma fin dagli esordi, pur tenendo conto della possibilità che si possano stabilire legami e rapporti tra pari, sempre più stretti e soprattutto sempre più fecondi, in relazione alle specifiche età dei ragazzi.

Fare una recensione in piena regola di questo libro non è semplice, per l'ovvio motivo che non si tratta di un romanzo vero e proprio, né di una scrittura che possa essere assegnata a una qualche precisa categoria letteraria, bensì è un'analisi - rivisitazione di una realtà vissuta, con tutti i risvolti familiari-comuni-semplici-normali-quotidiani che possono essere riscontrati in qualsiasi gruppo di giovani amici, anche al di là di un'appartenenza non scelta come è quella di una classe scolastica. Eppure, c'è qualcosa di estremamente interessante proprio in questi vissuti narrati, che non si riferiscono solo al protagonista-autore, bensì anche agli altri personaggi, così come l'autore stesso li percepisce e a sua volta li vive e li fa vivere.

Dunque, anche questo mio tentativo di recensire questo libro sarà sui generis. Sono più facilmente portata a seguire la trama psicologica e della classe di alunni e del gruppo docente e dei singoli protagonisti.

Quanto alla classe, mi pare di scorgere una voglia inconsapevole di farsi valere, di mostrare l'affinità più che la diversità e la singolarità dei componenti, di mettere in luce il senso di appartenenza al gruppo in quanto portatore di vantaggi a tutti e a ciascuno, così come l'affiliazione che è venuta man mano a imporsi da sé, in un clima che incoraggiava la “gregarietà” piuttosto che una qualche leadership con annessa subordinazione o, peggio, competitività. In questo gruppo-classe ha sempre prevalso la reciprocità, l'aiuto, la solidarietà, l'incoraggiamento e persino l'inclusività di chi proveniva da un altro gruppo per ripetenza. Sotto questo profilo, piace pensare, in correlazione, a un gruppo docenti a sua volta incline a mettere in campo una vera e propria “vocazione” per l'insegnamento, inteso come “relazione educativa”. Se questo fosse (e fosse stato nello specifico di questo gruppo docenti) l'intento educativo, si assisterebbe a una gregarietà anche degli stessi docenti in vista di uno scopo comune che è quello della crescita umana, sociale e culturale della classe a cui rivolgono i loro insegnamenti disciplinari. Dove le discipline si porrebbero, correttamente, soprattutto come mezzi per apprendere non semplicemente nozioni e concetti, pur importanti, ma per apprendere ad essere, a pensare, a fare, a rapportarsi da veri cittadini e uomini consapevoli e responsabili al mondo in generale e agli altri. Con la consapevolezza, sia per gli alunni che per i docenti, che l'apprendimento non è solo conseguenza di un buon insegnamento ma anche e soprattutto conseguenza di un impegno responsabile e di un coinvolgimento personale pervasivo ed esteso a tutte le aree disciplinari e a tutti gli aspetti della vita. Quel che si respira, leggendo lo svolgersi degli avvenimenti scolastici in questa classe, è proprio questa consapevolezza educativa che si sostanzia dell'essere reciprocamente responsabili e rispettosi verso i rispettivi e specifici ruoli, sia da parte degli alunni, sia da parte dei docenti, per raggiungere risultati soddisfacenti sia in termini di conoscenze (insegnate/apprese), sia di relazioni e comportamenti. Non si scorge l'idea di un apprendere “per la vita”, cioè per dopo, bensì, con tutta evidenza si scorge un “vivere al presente” in un contesto educativo dotato di senso, che prende a cuore ogni emozione forte riferita al vissuto sia del gruppo classe nel suo insieme, sia di ogni singolo alunno. C'è un reciproco sentirsi accettati e stimati per quel che si è e per quel che si può divenire, sia da parte dei ragazzi che dei docenti.

Quanto ai diversi protagonisti di questa avventura di crescita, ci sarebbe da fare una sorta di caratterizzazione specifica per ciascuno, ma sarebbe un discorso troppo lungo, e anche col rischio che diventi ripetitivo e noioso. Mi limiterò, così, a tratteggiare brevemente alcuni aspetti che si sono in qualche modo imposti alla mia attenzione, ad iniziare dall'autore. 

Ho percepito chiaramente in Aurelio-ragazzo una forte sensibilità verso il valore dell'amicizia, che va oltre il senso comune, in quanto non si limita agli incontri frequenti, alle chiacchierate confidenziali, alla selezione in base a comuni interessi o a sintonie e reciprocità. Il giovane Aurelio vive l'amicizia come attenzione all'altro, specialmente se più debole, più introverso, più timido, ma anche se troppo spavaldo. Sono descritti momenti di “apertura” di compagni poco in luce, in quanto si sono sentiti compresi, hanno sentito la vicinanza di Aurelio (ma anche di altri compagni) ai loro problemi e la sua voglia di esser loro d'aiuto per risolverli. Compagni troppo spavaldi hanno “tolto la maschera” e si sono rivelati in tutta la loro fragilità: si sono sentiti “letti dentro”, smascherati, appunto, ma non per essere umiliati, bensì, ancora una volta, per essere resi più autentici. E anche tutto il gruppo classe ha avuto la sensibilità necessaria per “includere” e far sentire parte del gruppo compagni di nuova acquisizione.

Una lettura ampia degli aspetti psicologici di alcuni ragazzi descritti in questo libro, non può prescindere da uno sguardo su “le prime amicizie femminili” e le prime esperienze sul piano dei sentimenti. Si assiste, in questo caso, a un consapevole lasciare al margine del gruppo maschile le ragazze, salvo riportare all'interno del gruppo le confidenze sugli approcci amorosi, per essere consolati se qualcosa non va, o per essere consigliati nel caso di esperienze che appaiono poco gratificanti se non addirittura nocive. In particolare, lo stesso Aurelio si dibatte tra un avvicinarsi e un allontanarsi da una ragazza, Fabiana, avvincente ma fredda e soprattutto “leggera”. Ed è proprio grazie alla sensibilità e all'amicizia di un compagno di fine cultura e di profondi sentimenti, Daniele, che alla fine trova la chiave per risolvere il dilemma del suo cuore.

Ancora, il senso e il valore dell'amicizia nel gruppo classe si evidenzia fortemente nel momento della notizia del probabile imminente trasferimento di Aurelio a Roma. Ci sono i timori di una perdita, pur accompagnati dalla sensazione che l'esperienza romana possa essere arricchente per Aurelio. E questi timori sono i medesimi in tutti, Aurelio compreso, il quale farà di tutto per rimandare il momento del distacco a dopo il diploma, quando la classe perderà i suoi connotati e in modo naturale non esisterà più in quanto tale, nel modo concreto in cui ha avuto la sua vita fino a quel momento. Ma quell'amicizia va tanto oltre il senso comune, come dicevo prima, che quel gruppo-classe vive ancora nel libro, grazie ad Aurelio, ma anche e di nuovo in modo concreto, grazie a quel legame fortissimo stipulato a suo tempo, che fa sì che ancora ogni anno ci si incontri e ci si racconti…

Secondo l'angolo visuale da me scelto, il rumore silenzioso della vita di questa classe, di cui all'esordio della presente analisi, è invasivo. È rumore esterno, e quindi assordante, quando l'autore ne descrive i fatti più significativi accaduti, impregnati di vivacità, di dialoghi, di comunicazione circolare, ma nello stesso tempo è un rumore interiore, perciò silenzioso, ma più potente, in quanto i fatti sono accompagnati dai vissuti che a loro volta influenzano i fatti successivi. È un libro da leggere. Lascia solo in chi legge il rimpianto di non aver vissuto a suo tempo un'esperienza simile e il rincrescimento per la sporadicità, o forse per l'eccezionalità, di esperienze simili in altre classi del passato, o attuali, o future.

Ci sarebbero ancora molte cose da dire, ad esempio riguardo alla sensibilità di tutti questi ragazzi nei confronti degli aspetti naturalistici e ambientali: un'affettività rivolta al loro contesto di vita che diventa parte integrante delle loro personalità e del loro modo di porsi. Ma è bene lasciare ai lettori la scoperta di questi e di molti altri particolari importanti, che non ho menzionato per motivi di spazio, ma anche per non svelare tutto e subito.

 

 
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