Giovanni Codovini - Urlo e geometria - Antonio Pellicani editore
Recensione a cura di Carmen Lama
Urlo e geometria è un libro
interessantissimo e molto ben scritto. Il titolo così particolare è quello che
desta la prima curiosità. Voglio lasciar scoprire il significato di questi due
termini associati a chi avrà la possibilità di leggere questo libro e quindi
non ne parlerò in questa breve recensione.
Il libro mi ha coinvolto molto e l'ho
letto a ritmo serrato, per non perdere il filo del discorso. È densissimo di
concetti e pieno di molta cultura. Mi è piaciuto molto perché mi ha dato
occasione di vedere da un punto di vista meno problematico e più positivo, per
esempio il pensiero di Nietzsche, pur restando di questo filosofo la difforme e
deforme interpretazione che ne ha avuto, con le conseguenze forse implicite più
nel tempo di allora che nel suo pensiero…
Ci sono moltissime citazioni e il
libro spazia dalla filosofia, all'arte, alla poesia, alla
storia, ovviamente, e il filo conduttore, che riporta in ogni capitolo e
paragrafo alla tesi dell'autore (la nozione del tragico dell'età contemporanea)
è sempre a fior di pagina. Potrebbe sembrare pessimistica ma non lo è, la tesi
che informa tutto il libro: il tragico dell'età contemporanea, detta età
dell'ansia, è infatti considerato in una accezione
particolare, quella secondo cui solo dal negativo, dal dolore, dalla
sofferenza, dalla disperazione (dal tragico, appunto) si possa passare al
positivo, alla speranza.
L'autore, a supporto della sua tesi,
analizza moltissimi testi filosofici, testi di letteratura ebraica e testi
critici del pensiero di filosofi importanti, e sempre vi trova ampie
giustificazioni per dipanare il significato che accompagna ogni gesto, ogni
azione, ogni comportamento che ha luogo nel nostro tempo. È un modo per capire
l'età in cui viviamo. Importantissimo è il riferimento di fondo alla catastrofe
di Auschwitz e al silenzio potente che ne consegue. È un silenzio -deve essere
un silenzio- che dice tutta la drammaticità di quell'evento ma, come silenzio
assoluto, non avrà l'esito di lasciar morire il ricordo, piuttosto ne evocherà
costantemente la tragicità. Solo nel silenzio, infatti, potranno emergere le
parole, i significati. Nel caso specifico di Auschwitz però, nessun significato
può essere rintracciato, e il silenzio dirà, urlandolo, tutto il dolore delle
vittime e dei sopravvissuti e tutta la colpevolezza di cui si è macchiato tutto
il genere umano. Il silenzio, dopo Auschwitz dirà l'indicibile, perché come con
quell'evento si è prodotta una frattura insanabile nella storia, così si è
prodotta una frattura nel linguaggio, che non avrà più alcuna possibilità di
dire ciò che non è possibile tradurre in parole. Il capitolo del silenzio è
davvero molto toccante. È filosofia teoretica, e filosofia del linguaggio che,
dopo Auschwit, registra la sua sconfitta assoluta.
Molto interessante è anche tutta l'analisi sul concetto di Dio. Con Auschwitz
si registra non la morte di Dio, ma la sua impotenza e il suo essere nel mondo
molto più presente di prima, nella sofferenza delle vittime di quei tragici
fatti, ma anche nel silenzio degli ebrei e dei non-ebrei. Il Dio sofferente, “è
quel bambino appeso alla forca” ed anche tutti quei volti
muti, tragicamente silenziosi. Il nichilismo in cui s'è inabissato il
pensiero contemporaneo proviene da questo evento innominabile, inesprimibile,
ma diviene, nella tesi di Codovini, il punto di
partenza per ricreare un mondo, il mondo in cui gli esseri umani portano su di
sé tutta la responsabilità di quel che avviene. Responsabilità e libertà che
provengono dall'abdicazione di Dio, dal fatto che Dio si è fatto da parte per
far posto all'uomo, ma senza abbandonarlo, anzi standogli accanto e soffrendo
con lui. Insomma, questo libro è essenziale per capire quel che accade nel
nostro mondo. Ci sono anche molti riferimenti biblici, la cui interpretazione
sostiene quanto l'autore vuole dimostrare.
Molto interessante anche il capitolo
finale sul Pensiero della complessità e le relative teorizzazioni, in
particolare il riferimento al testo di Edgar Morin,
Introduzione al pensiero complesso. Quest'ultima parte conferma, ma su un piano
più vasto, quanto Codovini ha sostenuto in tutto il
suo libro: vengono, infatti, individuati nell'epistemologia e nella scienza
contemporanea i temi di fondo affrontati, in quanto essi consentono di
interpretare l'età contemporanea come età del tragico, dell'incertezza e
dell'ansia. “Però, di un'ansia riscattante”, sottolinea Codovini.
In tal modo conferendo al suo libro un carattere positivo, in quanto rivela,
con un'analisi critica rigorosa, le caratteristiche che identificano il nostro
tempo e da esse, pur a partire dalla loro negatività, fa discendere come
possibile conseguenza il riscatto, appunto, la speranza, il positivo, la
consapevolezza.
Emerge dal testo una vasta cultura
dell'autore, Giovanni Codovini e la sua capacità di
trarre una tesi così coerente ed anche piena di speranza per il nostro futuro,
da moltissimi testi consultati/letti. La sua bravura è anche nel modo di
scrivere, che è molto coinvolgente. Ogni frase è un piccolo trattato a sé.
L'utilizzo di termini addirittura poetici in molti casi fa di questo libro una
bella ed importantissima “guida al sapere”.
Unico rammarico è però il fatto che il
libro non sia più in commercio.