Mauro Covacich, Prima di sparire (Einaudi, 2008, pagg. 277, Euro 16)
A cura di Alberto Carollo
Ultimo parto di una trilogia narrativa, dopo A perdifiato e Fiona, Prima di sparire narra le vicende di uno scrittore alle prese con un romanzo
che non viene: la vicenda è nella testa da un po', ma la scrittura esita,
inciampa, mentre la vita dello scrittore si impone, preme, abbatte le barriere
e dilaga, invadente, requisendo forma e spazio disponibili. Lo scrittore si
chiama Mauro Covacich e il racconto ci parla del suo
matrimonio con Anna, dei sensi di colpa, del tentativo disperato di reprimere
l'amore nascente, il desiderio giocoso e irresistibile per Susanna, una
giornalista romana.
“Cercavo di scrivere un romanzo, ma mi erano successe cosi
tante cose nella vita vera che quelle che stavo raccontando nel libro non
riuscivano a raggiungere la stessa temperatura emotiva”, spiega l'autore nel
corso di un'intervista lasciata per RAI.it. E ancora: “Quello che mi premeva era abbattere il filtro della
finzione, allontanarmi dalla cautela che si cela dietro la dizione dell'ogni
fatto è puramente casuale. Sono partito esattamente dal dettato opposto:
questi fatti esistono, queste persone esistono. Io esisto. Ho scelto persino di
lasciare i nomi veri di coloro che erano coinvolti, una scelta etica direi.”
Ho trovato spiazzante la lettura di questo
romanzo. Prima di tutto il saltare dentro e fuori la finzione letteraria mi ha
procurato qualche capogiro; l'autore triestino alterna infatti
capitoli di fiction, con la ripresa di
situazioni e personaggi comparsi nei libri precedenti, a inserti
autobiografici. La fiction ha una funzione speculare,
strumentale nell'illuminarci sui propositi dello scrittore. Nel romanzo entrano
non a caso performer reali (che divengono
personaggi) come Marina Abramovich e il fidanzato Ulay, individui che fanno delle
propria vita un gesto artistico – i due attraversano la muraglia cinese per
incontrarsi a metà del cammino e lasciarsi invece che sposarsi come annunciato
ai media. Poi l'artista francese contemporanea Sophie
Call, che ingaggia un investigatore privato per farsi
seguire per due mesi e organizzare in seguito una mostra con le foto che le
sono state scattate di nascosto, per ricomporre la sua esistenza e tramutarla
in opera d'arte. Nelle parole del critico letterario Stefano Giovanardi sembra
che Covacich abbia voluto fare una cosa similare:
mettere a nudo la sua vita di uomo vista da un occhio esterno, l'occhio dello
scrittore, e trasformarla con gli strumenti della narrazione. La scelta etica
di cui parla Covacich riguarda invece il dovere
morale di essere sincero. Non so come l'abbiano presa Anna e Susanna,
direttamente coinvolte, e altre persone/personaggi di contorno, ma questo esula
dalla materia di una recensione. Nella fiction Dario Rensich, il maratoneta
protagonista di A perdifiato, diventa un artista
famoso perché un guru della body art gli cuce addosso una
performance esemplare, dal titolo Umiliazione delle stelle. Sua moglie Maura lo tradisce con Sandro, un produttore di
reality show, protagonista del secondo romanzo, Fiona, in libertà vigilata per aver piazzato delle bombe in vari
supermercati, sorta di emulo mancato di Unabomber. Rensich è il doppio di Covacich: nell'avvicendarsi dei capitoli il rapporto tra
Dario e Maura si deteriora per trovare una sospensione – opera del singolare
montaggio narrativo - che lascia il lettore con un senso di dubbiosa vaghezza.
Se avevo grandemente apprezzato A perdifiato
per l'intreccio e la narrazione serrata; se avevo trovato Fiona un po' troppo affilato e chirurgico, emotivamente opaco e
distaccato, la lettura di Prima di sparire mi induce pensieri contrastanti. I personaggi non evolvono;
Dario, Fiona e Sandro si smaterializzano in particelle subatomiche e non ci
fanno rimpiangere la loro dissoluzione. Qui sono le persone a brillare di luce
propria: Mauro Covacich, Anna, Susanna.
L'autobiografia la fa da padrona. La trilogia implode su se stessa, e forse è
l'atto volontario di uno scrittore che da qualche parte ha affermato che è
inutile scrivere una storia che non sia stata vissuta, che nella scelta tra una
pagina bianca e la vita fuori dal proprio studio è meglio la vita, perché è la
vita che fa sorgere l'esigenza, la necessità della scrittura. Io sono un po' all'antica, lo ammetto, e continuo a ritenere verbo
ciò che James Joyce fa dire a Stephen nel Dedalus:
“La personalità dell'artista, dapprima una cadenza o uno stato d'animo, poi una
narrazione fluida e esterna, si sottilizza alla fine sino a sparire, si
spersonalizza per così dire. (…) L'artista,
come il Dio della creazione, rimane dentro o dietro o al di sopra dell'opera
sua, invisibile, sottilizzato fino a sparire, indifferente, occupato a curarsi
le unghie.”
Certo è che alcune delle pagine di Prima di sparire
sono tra le cose migliori che Covacich abbia mai
scritto. La sua vicenda, apparentemente convenzionale per topoi, cattura il lettore perché lo scrittore ha saputo rendersi
autore implicito con abilità sorprendente, denudandosi nelle sue luci e nelle
sue ombre, nelle sue individuali miserie e nobiltà. Consiglio,
tra le altre, le ineguagliabili pagine in cui l'autore parla della nonna e
della sua malattia, le belle metafore a cui fa ricorso: “Mia nonna ha novantanove
anni. (…)Ha un solo problema mia nonna: da un
paio di mesi qualche parete interna è crollata. Le sottili intercapedini di
tufo che dividono i ricordi, i nomi, le facce delle persone, qua e là si sono
sbriciolate. Sicché alcune stanze hanno ancora i quadri attaccati alle pareti,
i centrini e le foto sul comò, altre sono un ammasso di macerie.” Nel complesso, però, permane un certo disagio (il disagio
della verità per chi, avvezzo agli stratagemmi della narrazione, è abituato a
mentire?) e la sensazione, al limite del vojeuristico, di aver partecipato a una versione estremamente raffinata
del Grande Fratello.