50 di bocca il vizio
della notte (Giraldi
editore, 2007, pagg. 127, Euro 12,50) è l'ultima fatica narrativa dello
scrittore vicentino Ausilio Bertoli.
Sociologo di formazione, Bertoli ha al suo attivo vari libri, da Il veggente
di Bovo (Solfanelli,
1991), passando per Amore per ipotesi (Campanotto,
1994), Ricerche amorose (Campanotto, 1998),
fino ad approdare al più recente – un saggio – i temi della comunicazione (Lupetti
& Co., 2004). La sua produzione narrativa ha il comune denominatore
tematico di offrirci degli squisiti ritratti di personaggi veneti, cesellati
al bulino (Gente tagliata è, guarda caso, il titolo di una felice
silloge di racconti, Edizioni del Leone, 1996), profondamente radicati nella
loro terra, colti nello smarrimento, nel disagio del passaggio brusco – e non
certo indolore – da un retroterra rurale al confronto-scontro con i nuovi stili
di vita della società urbana e con quel celebre, dibattuto e controverso
miracolo socio-economico che va sotto la denominazione di Nordest.
50 di bocca il vizio della notte
è il prodotto collaterale di un vasto progetto di ricerca, attinente alla
sociologia della devianza, ma per sbaragliare il campo da equivoci ribadisco
che si tratta di narrativa “pura” e non di romanzo-documento nella sua propria accezione del termine. Bertoli disponeva di
materiale interessante; la sua formazione di sociologo gli ha conferito la
competenza adeguata, professionale, a svolgere interviste e rilievi “sul posto”
– mettendo pure a repentaglio la sua incolumità – ma non troverete nulla di
tutto questo nel libro. Lo scrittore Bertoli ha optato per la
forma romanzo – o racconto lungo in questo caso, senza partizione in
capitoli bensì in scene – cercando di mantenere lucido e disincantato lo
sguardo dell'esperienza, chiudendo le porte alla sociologia e a tentazioni di
giudizio etico e morale su quanto esperito. L'ammirevole intuizione
dell'autore, in 50 di bocca il vizio
della notte è stata quella di aderire tecnicamente al punto di vista di
Basilio Bossio, il protagonista del libro, “lucciolomane” impenitente, fautore dell'adescamento
compulsivo, puerile nella sua sdilinquita predilezione per la bellezza delle
passeggiatrici dell'Europa dell'Est, quanto perturbante e suo malgrado
pericoloso nel perseguire a ogni costo le sue ossessioni.
Le location principali di questo libro sono le
strade, in special modo quelle riconoscibili di
alcune città come Vicenza e Padova: Basilio le percorre preda delle sue voglie,
impacciato, terrorizzato dalla eventualità di essere scoperto, di mettere a
repentaglio la sua reputazione di irreprensibile promotore finanziario. Per
salvaguardare la sua “doppia vita” mente spudoratamente, risoluto a non farsi
coinvolgere dalle prostitute che avvicina e dalle loro vicende personali,
neanche con la scaltra Chata, la ragazza praghese
dall'italiano un po' posticcio, che cerca di irretirlo per conquistarsi un
posto nel suo cuore: “(…) Tu sei buono, altruista e
per bene, lo ti si legge sulla fronte. Sei speciale, ecco. Ho accettato di
salire nella macchina tua, senza esitazioni, e senza parlare di cifre, con
questa speranza. (…) tra noi c'è feeling, c'è…” Ma Bossio è comunque rapito, estasiato da queste esponenti del
gentil sesso come “ (…) di fronte alle sculture di Donatello o del Sansovino nella basilica del Santo”; il suo è un amore
ideale, mitizzato, un palliativo rimedio alla decadenza del corpo e dello
spirito. Bossio aveva sempre sognato di amare ragazze
splendide, dalle vecchie compagne di scuola alle colleghe di lavoro, alle
clienti, immedesimandosi nei loro amanti. Di loro adora la giovinezza e la
spregiudicatezza, il senso di avventura che lo scuote come un brivido,
anestetizzando il senso latente di essere un fallito, “una scartina”, come la
moglie si diverte a canzonarlo. “(…) Magro impiccato,
esonerato dal servizio militare per scarsità toracica; il pollice e l'indice
della mano sinistra tranciati, da bambino, da una fresa della falegnameria
dello zio”. Ed è proprio da questa moglie ricca e autoritaria, sposata per
interesse, che Basilio cerca di fuggire, quando può, rifugiandosi nel vizio. Bossio è per certi versi atipico nella misura in cui non
vede le “lucciole” come prede da rapinare o stuprare – scaricando su di loro
frustrazioni e nevrosi – bensì come depositarie di un amore
da procacciarsi col denaro; ma è anche e soprattutto un personaggio tipicamente
veneto nell'incarnare un certo perbenismo, un candore disarmante che ce
lo rende simpatico; caratteristiche, queste, che alla prima occasione, con
altrettanta nonchalance, lo indurranno a macchiarsi di nefandezze,
ordendo una burla grottesca ai danni di un altro lucciolomane.
Ci riesce difficile non pensare per analogia a un corrispettivo cinematografico
nel film di Pietro Germi Signore e signori, con quel Veneto di ieri
sullo sfondo, i tradimenti, la libertà di non sottostare al giogo delle
direttive dei parroci. Ma più che un fondo di religiosità cristiana, di cui il
Veneto è ancora permeato e che costituisce l'alveo, o uno degli alvei sui quali
giace l'humus veneto, è qui più illuminante rifarsi alle considerazioni
di Eugenio Turri* in un suo articolo, L'anima del
paesaggio veneto, a quel contatto primigenio del veneto con la propria
terra, a quella forma di paganesimo come religiosità legata alla terra nativa,
al culto delle divinità locali. Scrive Turri:
“Culti pagani (il culto della buona cantina, della selvaggina catturata nei
roccoli, delle verdure e della frutta dei broli, più tanti altri vizi)
soprattutto quelli dei signori, che hanno lasciato retaggi nell'intero
Veneto: se si concedevano tutti i lussi loro perché mai il povero contadino non
poteva fare altrettanto?”
Del resto la pittura veneta è piena di queste feste mondane, di
scene mitologiche presso boschi e fonti, dove si celano le ninfe. E Basilio Bossio è un satiro aggiornato al miracolo economico, al
malinteso che il denaro possa comprare tutto: il benessere personale come la
dignità sociale, perdendo cammin facendo il piacere
del gioco e quell'immunità inconsapevole di potersi collocare al di là del bene
e del male.
*Geografo del Politecnico di Milano. L'articolo citato è ospitato
in Il grigio oltre le siepi, geografie smarrite e racconti del disagio in
veneto a cura di Francesco Vallerani e Mauro Varotto (dossier nuova dimensione, 2005)
Giuseppe Ausilio
Bertoli è nato a Grumolo delle Abbadesse
(Vicenza). Ha scritto vari libri: Il veggente di Bovo
(Solfanelli, 1991) Amore per ipotesi (Campanotto, 1994), Gente tagliata (Ed. del Leone,
1996), Ricerche amorose (Campanotto, 1998), Giostra
mentale (Manni, 2001), il romanzo e-book Amore
di banca e il saggio I temi della comunicazione (Lupetti, 2004).
Oltre che narratore è anche sociologo della comunicazione e pubblicista. E'
stato finalista ai Premi letterari Piero Chiara, Batocchi Città di Piombino,
Bergamo e Insula Romana.
Alberto Carollo