Siamo tutti berlinesi
Sabato 6 settembre percorrendo corso
Palladio dopo un violento temporale mi sono un po' inquietato: le piazze vuote,
e per le vie del centro pochi i passanti. Nei caffè e negli spritz-bar
i consueti avventori ma nessuno che si spingesse fuori a sorseggiare aperitivi
o a fumare una sigaretta. Nei ristoranti qualche tavolo vuoto per la cena. E il
resto della città emigrato a ovest, in Campo Marzio, a onorare l'Assunta tra le
attrazioni del Luna Park. Mancavano dieci minuti alle 21 quando mi sono seduto
nella bella saletta interrata - volte a botte foderate di mattoncini rossi -
della libreria “Quarto potere” in piazza delle Erbe. In tutto tre o quattro i
presenti e allora l'inquietudine ha preso a virare nell'ansia.
Santi numi, abbiamo strappato Piero
Badaloni ai suoi molteplici impegni per portarlo a Vicenza con l'associazione
che presiedo e ora non mi arriva nessuno! Invece nel volgere
di una ventina di minuti, con mio grande sollievo, la sala era gremita e
Badaloni si è diretto alle poltroncine riservate a lui e al suo intervistatore
chiosando: “Grazie della vostra presenza. Siete davvero coraggiosi a
venire qui… sapendo pure che l'Italia gioca contro
Cipro.”
Piero Badaloni non ha bisogno di molte
presentazioni. Per me è un pezzo di televisione che si incarna, quella
televisione da nostalgici che è entrata nel mio immaginario di ragazzetto,
quella che ha segnato pure nel lessico (vedi Drive in et similia) la mia generazione –
non a caso un tormentone del Greggio di allora recitava: “Bada ben bada ben
Badaloni!”
Ricordo sempre con piacere quando il
nostro presentava il telegiornale (al tempo gli speaker non si permettevano di
inframmezzare con le loro pleonastiche opinioni i servizi dei corrispondenti) o
conduceva Uno mattina.
A Vicenza è venuto a presentare il suo
ultimo libro, Tutti pazzi per
Berlino (2007, Sperling & Kupfer, 155 pagg. 17 Euro). Badaloni è
corrispondente di RAI International e non l'ha presa molto bene quando – per
implicite ragioni politiche – lo hanno invitato a spostarsi da Bruxelles a
Berlino. Il giornalista ha dovuto acquistare casa in città, imparare la lingua,
e prendere confidenza con i berlinesi e la loro “nuova” capitale, perché si può
parlare a ogni buon conto di “nuova capitale europea” per molteplici aspetti.
Prima di tutto l'età media dei suoi abitanti: 35 anni. Il governo ha fatto
un'accorta politica di incentivazione per gli studenti, che qui possono trovare
alloggi a buon prezzo (Badaloni ha parlato di mini appartamenti più che
decorosi a 250-290 Euro al mese) e mangiare in ristoranti e pub con cifre di
10-12 Euro. Poi grandi spazi verdi liberi, tolleranza politica, religiosa e
sessuale (Berlino è un melting pot di comunità eterogenee), vivace vita notturna, una
grande offerta culturale per la presenza di artisti, scrittori e designer da
tutto il mondo. Berlino è la città dei graffiti, basta fare un giro per la
metropolitana – che qui ha due linee underground e una sopra terra – per
rendersene conto. E' anche la città delle imprese commerciali più bizzarre:
dove lo trovate un ristorante dove ogni settimana cambiano chef e si
varia dalla cucina italiana alla turca, alla greca, cinese ecc…? Magari fin qui
non vi sembrerà strano, ma pensate di andarvene senza pagare: all'uscita solo
una campana di vetro e se siete stati soddisfatti potete lasciare un'offerta,
la cifra che vi sembra più consona a quanto avete mangiato. Quanto
sopravvivrebbe in Italia un ristorante del genere? E poi pensate al business
del cellulare da tomba. Sì, avete capito bene, si tratta di un cellulare che
viene seppellito acceso col caro estinto, così che possiate continuare
idealmente il dialogo interrotto con chi avete perduto prematuramente.
E' questo un libro lieve, che si legge
con piacere in poche ore, una sorta di raccolta di articoli o mini saggi a tema
che compongono brevi istantanee per restituire al lettore un ritratto a tutto
tondo di Berlino con le sue contraddizioni forse insanabili ma anche con la
voglia e la determinazione a superarle, a partire da una larga intesa politica
tra gli schieramenti con l'obiettivo del risanamento economico – si può dire
altrettanto alle nostre latitudini? Badaloni ha tracciato un percorso
attraverso i vari quartieri della città divisa dal muro fino al 1989,
sottolineando le molteplici differenze che esistono ancora tra est e ovest, e i
residui sottostanti, ancora vitali, di tanto immaginario ideologico e culturale
che ha nutrito letteratura, cinema, musica e arti figurative. Sono stato a
Berlino nei primi anni Novanta e alcune zone della città erano dei veri e
propri buchi neri; tratti del bunker sotterraneo di Hitler erano stati scoperti
da poco e la Potsdamer Platz,
cuore nevralgico di Berlino, terra di nessuno tra i due muri, era un cratere
silente dove si cercava di ricostruire. Il problema era quello di mantenere
viva la memoria storica e fungere da monito per le generazioni future. Oggi la
scommessa è stata in parte vinta; molto si è ricostruito, la città è proiettata
verso il futuro, si è festeggiata la generazione dei diciottenni figli della
caduta del Muro. E qui Badaloni, con onestà intellettuale, ne
ha approfittato per infliggere una stoccata al nostro servizio pubblico
televisivo: “Vi siete chiesti come mai in Italia, alla televisione si parla
così poco di Europa? Vi siete chiesti perché siamo
oberati da notizie di nera, Cogne e così via, e abbiamo perduto il gusto di
ricercare le good news come queste?”
Qualcuno evidentemente ha interessi a mantenerci all'oscuro, a impedirci di
fare confronti intelligenti, a solleticare la nostra curiosità vojeuristica, il nostro buonismo di bassa lega, per
stupirci con sensazionalismo a ogni costo. “Ma non dovrei dire a voi
queste cose; voi che siete qui, stasera, siete una minoranza, ma siete anche la
prova provata che non siamo un popolo bue come vorrebbero etichettarci col
genere di programmi che ci propongono.”
Già, bei tempi quando la RAI era una televisione di
servizio e pure le gaffe di Mike Buongiorno diventavano oggetto di indagine
sociologica dai vari Umberto Eco e compagnia bella.
Oggi è solo un corno del duopolio che si contende ascolti a suon di Amici,
Grandi Fratelli, Isole dei Famosi e Music Farm.
L'alternativa è la lettura, e forse ha un senso continuare a fare attività
culturale, invitare autori a incontrarci, parlare dei loro libri. Non a caso il
libro preferito di Badaloni è quell'inossidabile Farenheit
451 di Bradbury che val più di mille parole. Grazie a lei signor Badaloni,
e grazie all'amico Alberto della Rovere, gran cerimoniere dell'incontro, che ha
evocato fantasmi letterari, teatrali e musicali (Brecht, Weill,
Lou Reed tra gli altri) e
ci ha deliziati con uno spizzico di Berlin
Alexanderplatz (1929) di Alfred Döblin.
Alberto Carollo
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