Collura, quando il giornalismo è anche letteratura
Parafrasando Feuerbach assertore del
"siamo quello che mangiamo", questa sera più che mai ci sentiamo di
sostenere che Matteo Collura "è quello che
scrive", ovvero la sua scrittura specchio della vita.
E un esempio a tutto tondo ci viene offerto dal paradigma "cubico",
tridimensionale, di suoi scritti in cui la vis dinamica del cronista, si
intreccia con il talento del romanziere, rafforzandosi nella scientificità del
saggista.
Agrigentino di nascita, l'Autore, ha un passato d'artista (scuola di pittura a
Palermo) che, certamente ha regalato note di vivezza cromatica alla sua
capacità letteraria.
Giornalista professionista, in età giovanissima, è approdato negli anni
Settanta al "Corriere della Sera " a Milano, città in cui vive
tuttora con Giovanna, la moglie. Nel suo cuore la Sicilia continua ad avere
un posto di privilegio, e questo lo si evince anche da cataloghi-quasi saggi,
come Sicilia sconosciuta, che io ho avuto il piacere di recensire per le pagine
culturali dell' "Arena", opera in cui
l'autore va alla ricerca anche di luoghi inediti, angoli in ombra, a cui la sua
bella penna ha saputo dare luce.
Chi aveva mai sentito parlare, ad esempio di Caltabellotta
(che penso essere un luogo sciasciano), così percossa
dal vento, tanto da evocarci immagini di brughiera alla Emily
Brontë?
Tanto per ricordarvi un luogo non turicistizzato per
la massa.
L'abilità dell'autore, sta anche e soprattutto nel creare
"suture" ovvero letterarie cuciture tra i brani citati, visto
che nei suoi saggi, scomoda felicemente i più bei nomi della letteratura
siciliana, suturandoli, appunto, con indovinati entre
deux, suoi commenti, digressioni ariose e nel
contempo dense di pensiero.
Cosa porta l'autore dentro di sé del suo passato di cronista?
Il gusto per la sintesi, il piacere dell'indagine attenta e sottile (a questo
proposito, non possiamo tacere quel suo Perdersi in manicomio, un
reportage-dossier, entro cui abita tutto lo squallore e la disperata situazione
degli ammalati di mente, ricoverati nel famoso manicomio di Agrigento); il
linguaggio scabro, prosciugato che, se nelle cronache in senso stretto è
volutamente usuale, comprensibile a tutti - visto che pregio di un giornalista
è di saper parlare anche all'uomo della strada -, nei saggi si colora del
rigore scientifico del ricercatore che non racconta panzane e - nel romanzo -
prende gli accenti poetici dell'artista.
Quindi, andiamo per ordine, esaminando in primis, l'opera in cui, pur nel
rigore del saggio, avvertiamo la sapienza del cronista, sfogliamo brevemente
questo Eventi, ora ristampato con successo, una vera carrellata dentro il
secolo che ci lasciamo alle spalle.
Un "viaggio" - questo - con la suggestiva dinamica
di un film, una grande proiezione, in cui troveranno spazio: l'uccisione di
Umberto I, lo scandalo di tangentopoli, il terremoto di Messina, le guerre,
l'Italia del calcio campione del mondo nel '34, la leggenda di Coppi, l'uscita
della Dolce vita di Fellini,: l'Italia e il Novecento - dicevamo - un secolo di
imprese memorabili e di fatali appuntamenti con la Storia.
Splendide le pagine su Pirandello, autore di cui Collura si è occupato con servizi speciali, anche sul
"Corriere della Sera".
Il risultato è dunque quello di un mosaico inedito, composto di tessere prese
dai fatti di cronaca, ma legate fra loro con il buongusto letterario di cui
parlavamo più sopra.
Un libro che "passa la ribalta", come si direbbe in termini teatrali.
Passando al saggio, stricto sensu,
che poi saggio in senso stretto non è nemmeno in questo caso, visto che la
scientificità de Il maestro di Regalpetra è addolcita
dalle note umane, addirittura affettuose, che vibrano nella pagina, una sosta
speciale andrebbe fatta dentro un'opera composita, in quanto testimonianza di
profonda amicizia verso Leonardo Sciascia e guida al lettore per meglio
comprenderlo e amarlo, confortati dall'esame minuzioso del suo discepolo Collura che ci guida sicuro dentro la produzione sciasciana, inframmezzandola di osservazioni, commenti,
"amichevoli glosse" - potremmo definirle - acclaranti
non solo il valore letterario, ma anche l'umanità e l'impegno civile del suo
grande Maestro.
Dulcis in fundo, ho tenuto volutamente per ultimo, proprio perché lo stimo di
pregio speciale, il vero romanzo di Collura:
Associazione indigenti, che - nella sua prima pubblicazione - ha guadagnato
lodi speciali da Calvino, che, notoriamente, non era di facile palato, con i
giovani scrittori.
Con questo breve, struggente romanzo, un vero sempre-verde, entriamo dentro una
favola sociale, intrisa di ruvida poesia (Collura non
indulge mai a sentimentalismi caramellosi).
C'è una frase emblematica in questo romanzo: Agostino Gimmo,
uno dei personaggi della narrazione, si chiede: "È proprio vero che il
sole spunta per tutti?"
E anche a noi balza in cuore questa domanda, anche noi, procedendo nella
lettura, ci chiediamo se il sole sia imparziale, nella spettrale Palermo degli
anni posbellici, popolata di poverissima gente,
assiepata in vicoli maleodoranti, in piazze devastate; gente denutrita,
rassegnata a "mestieri improvvisati, imbrogli, scippi,
prostituzione, accattonaggio". Gente allo sbando, alla deriva, che
si nutre in refettori di assistenza e riceve cure in ospedali dove si
"aiutano a morire i vecchi" con vendita dei cadaveri alle pompe
funebri.
Indigenti fantasiosi, però, questi palermitani, a cui viene l'idea geniale di
assemblarsi nell' "Associazione indigenti",
fortemente intenzionata a chiedere giustizia, impedendo al direttore dell'Ente
Assistenza Poveri di propinare immonde brodaglie e cibo avariato agli
sventurati a cui dovrebbe umanamente provvedere.
La vittoria è di breve ed illusoria durata.
Giuseppe Boscone, promotore della protesta è
addirittura ricoverato in manicomio.
Una visita al Papa (che non li riceve personalmente) e un pellegrinaggio al
Santuario di santa Rosalia, sono l'amaro epilogo dell'originale trama, espressa
in pagine in cui natura ed architettura sono continue metafore degli stati
d'animo: palazzi dalle "occhiaie annerite"; palazzi con la sola vista
di "orizzonti strozzati (…) con balconi protesi verso giardini
agonizzanti"; pagine in cui il sole "si accanisce" sulla povera
gente e le stelle ne rischiarano l'insonnia e le raffiche di vento graffiano il
volto dei passanti e l'inverno non può che essere "malvagio".
Abbiamo dunque concentrato il nostro interesse su tre opere emblematiche
dell'autore, atte a porgerci un esaustivo ritratto di come si possa essere
artisti, navigando nella saggistica e nel romanzo di valore, con
alle spalle un robusto e produttivo passato di cronista.
Grazia Giordani
www.graziagiordani.it