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  Letteratura  »  Katia Ciarrocchi ha recensito Col corpo capisco, di David Grossman, edito da Mondadori 03/12/2009
 

Col corpo capisco

di David Grossman

Edizioni Mondadori

Narrativa racconti

Pagg. 301

ISBN 9788804533450

Prezzo € 8,40

 

Col corpo capisco, l'ultimo lavoro di David Grossman racchiude due racconti lunghi in cui il tema dominante è quello del dolore che diviene straziante, veniamo stravolti dalla sofferenza e dal tormento interiore dei personaggi.
Le due storie si svolgono in ambienti chiusi, claustrofobici: la prima all'interno di un'automobile e la seconda nella camera da letto di una donna morente.
Il primo, intitolato Follia, termine che in ebraico significa “infiammare se stessi fino a portarsi al grado della pazzia , un processo condotto tutto dentro di sé fino a perdere il controllo della propria mente.
Complice un viaggio nella notte verso una meta oscura per Esti . Shaul e Esti sono quasi due estrani dettati da un rapporto di poca stima e confidenza eppure dal silenzio e dall'abisso che li separa sgorga la voce di Shaul che comincia a raccontarsi, a raccontare il suo dramma e parla senza vergogna, come se lo facesse a se stesso, di qualcosa che non ha mai detto a nessuno. Da anni ormai Elisheva, la sua adorata moglie Elisheva, ha una doppia vita, lo tradisce con un uomo, Paul che è il suo unico grande amore. E non può niente Shaul per contrastare questa passione. Shaul dipinge per gli occhi di Esti le poche ore che i due amanti passano insieme: lo sguardo del marito è quello di uno strambo voyeur che soffre, ma nello stesso tempo non riesce a non guardare: sono immaginati, cantati, detestati, tutti i particolari di un amore odiato perché gli porta via l'amata e ammirato nella sua irraggiungibile perfezione.
L'inaspettata confessione tocca delle corde anche nell'animo di Ester e in questa tranquilla madre di famiglia riaffiorano ricordi, pensieri di emozioni lontane che da tempo, travolta dalla routine quotidiana, aveva rimosso.
Il personaggio di Esther è estremamente interessante. Una donna che ha dovuto affrontare ostacoli gravosi, pregiudizi taglienti e che per questo si è costruita una sorta di corazza che la difende dal mondo esterno ma le parole intrise di angoscia e di disperazione di Shaul hanno un effetto liberatorio. Sono due solitudini che si incontrano e comprendono quanto siano simili nel dolore della vita e dell'amore.
Il secondo racconto “Col corpo capisco” da cui prende il nome il libro è struggente.
Rotem ha scritto il suo primo romanzo e lo legge ad alta voce a sua madre che sta morendo, la lettura è inframmezzata dal dialogo tra le due che l'autore riporta in corsivo dando così più valenza al racconto.
Le due donne non si vedono da molto tempo, Rotem ha sempre nutrito una forma di gelosia e odio profondo verso Nill, una donna dalle esperienze interessanti, per il suo modo di essere donna e dalla grande capacità di sopportare il dolore e la vita attraverso una interiorità che la isolava frutto anche di una particolare pratica yoga che cercava tramite l'insegnamento di farne dono ad altri. Il racconto scritto da Rotem che ha proprio la madre come protagonista, un racconto ispirato alla scomparsa anni prima di un ragazzo, allievo di Nili. Per Rotem quell'episodio è forse una sorta di tradimento o la conferma di tutti i suoi dubbi- Nili ascolta le parole, a volte crude, del racconto della figlia. Da tempo ormai non è più la donna combattiva, decisa che affrontava il mondo a viso aperto, senza temere i giudizi e le sentenze.
Ora tutto è cambiato, la malattia sta prendendo il sopravvento e l'unica cosa che per lei rimane importante è riprendere il rapporto con la figlia, chiarire, ottenere il suo perdono.
In quella lunga notte le due donne riusciranno a capirsi e a perdonarsi le loro mille debolezze, i loro mille errori.
È il corpo a fare da connettore tra loro: lo sfiorarsi delle mani, gli occhi che si incontrano, la malattia che distrugge, la fame, la sete, sono sensazioni fisiche che aprono finestre nell'anima.
C'è, nel suo modo di narrare, un mescolarsi di realtà, fantasia, un prenderti per mano lungo un percorso che porta sempre verso la sua, la tua interiorità.

Scrivere è qualcosa di fisico, un'attività lenta e sensuale che apre, accoglie, chiude attorno a in morbide spirali. Raccontare è dare il giusto peso e la giusta collocazione, è un attacco e una difesa, una presa di distanza per “non permettere al dolore di insinuarsi dentro di me”. É esporsi, mostrarsi, capirsi, soffrire. É vivere.
David Grossman

Brano tratto da: Col corpo capisco
Follia

Ma come fa a resistere?, pensa lui, tutti quei riti minuziosi a cui attenersi ogni volta, e la corsa nervosa tra le stanze prima di uscire, ante d'armadio sbattute, cassetti aperti e richiusi, e l'espressione impenetrabile, ermetica, del suo bel viso in quei momenti. Guai, infatti, se scordasse qualcosa — il pettine, un libro, il flacone dello shampo — tutto crollerebbe. Lui è seduto alla scrivania con la testa fra le mani, lei gli lancia un “ciao” frettoloso dalla porta e lui prova un tuffo al cuore; non è nemmeno venuta a salutarlo, questo significa che oggi laggiù avverrà qualcosa di speciale. Lei si precipita in strada, tiene gli occhi bassi per non incorrere in sguardi o conversazioni superflue. Ma come fa a non cedere? Dove trova la forza per sopportare tutto questo, giorno dopo giorno?
Poi, come in un attimo di debolezza, lui chiude gli occhi, la segue col pensiero mentre lei sale in macchina, la sua Polo piccola e verdissima. Gliel'ha comprata lui, una sorpresa. Lei era inorridita per il colore e si era infuriata per lo spreco di denaro. Ma lui voleva che avesse un'auto tutta sua. Per muoverti a piacimento, aveva detto, per non stare sempre a litigare sulla macchina. E aveva voluto che fosse d'un verde brillante. Nella sua mente quell'auto era come un dispositivo elettronico fosforescente immesso nell'apparato circolatorio e da seguire con una telecamera. Lentamente lui appoggia la testa contro lo schienale mentre lei guida. Lei ha il viso proteso in avanti, troppo vicino al parabrezza. Impiegherà otto o nove minuti ad arrivare. Ma bisogna anche aggiungere gli imprevisti (ingorghi, semafori guasti, l'uomo in attesa laggiù, nell'appartamento, che non trova le chiavi e tarda ad aprire la porta) facendo perdere altri quattro o cinque minuti preziosi. Elisheva, dice lui ad alta voce, lentamente, scandendo ogni sillaba. Poi ripete quel nome, anche per l'uomo laggiù.
Il quale inizia comunque a spogliarsi, peccato sprecare anche un solo istante. E mentre lei si destreggia nel dedalo di viuzze che collegano questa casa all'altra, l'uomo si spoglia in camera da letto, o forse accanto alla porta, si sfila i pantaloni di velluto marrone, morbidi, la camicia ampia e stinta che un tempo era stata arancione o marrone, o forse rosa. Sì, lui sarebbe decisamente capace di mettere una camicia rosa, non gli importa di cosa pensa la gente. È questo il bello di quell'uomo, pensa Shaul, il fatto che non gliene importa niente, né di quello che pensa la gente né di quello che dice; è questo il suo punto forte, la perfezione da cui lei è probabilmente attratta. Lei va da lui, sfreccia verso di lui, con gli occhi fissi sulla strada e la bocca contratta, quella bocca che tra poco bacerà, si ammorbidirà, lieviterà, si infiammerà. Le labbra di un altro la sfioreranno, quasi senza toccare, una lingua ne disegnerà il contorno, e quella bocca sì tratterrà dal sorridere perché subito si sentirà un brontolio: non muoverti mentre dipingo, e lei ubbidirà con un mugolio. Poi quelle labbra si poseranno sulle sue con rude, virile intensità, le ingoieranno, vi sguazzeranno, si allontaneranno un istante e un alito caldo le lambirà. Alla fine verranno lentamente risucchiate, con una passione davvero grande, seria, le lingue guizzeranno come creature vive e gli occhi di lei si apriranno per un istante con un sospiro leggero, i globi si rovesceranno all'indietro, scoloriranno, spariranno. Dietro le palpebre socchiuse si intravedrà un biancore vuoto, terrificante.
È una donna grande, Elisheva, generosa anche nel corpo. È persino un po' troppo grande per un'automobile così piccola, forse anche per questo gli aveva rimproverato di averle comprato una Polo. E forse per questo lui gliel'aveva comperata. Chissà, solo ora gli viene in mente. Forse è stato per la sensazione che lei quasi scoppiasse fuori dal quel guscio mentre si dirigeva laggiù, che fosse sempre sul punto di esplodere mentre si concentrava sulla strada, addolcendosi al pensiero che nella mente dell'uomo in attesa si agitavano i suoi stessi pensieri: in questo modo è come se trascorressimo un altro momento insieme, gli aveva detto lei una volta.
Elisheva sfreccia lungo le strade, l'automobile verde lampeggia nel reticolo di vene teso da qui fino a quell'uomo e quando Shaul emerge dall'ondata di dolore lei è laggiù, con lui. Shaul la vede appena: una macchia di calore grande, ampia, dalle braccia robuste. Vede il gesto rapido con cui afferra la spalla dell'uomo e si piega per togliersi la scarpa senza aprire il fermaglio. Vede il modo in cui si aggrappa con dita rigide di nostalgia al corpo nudo dell'uomo i cui abiti sono sparsi per terra, e su di essi ora ricadono i vestiti di Elisheva. Shaul chiude gli occhi, sente il dolore di quelle stoffe che si congiungono, così acuto da fargli distogliere lo sguardo, perché per un istante perfino l'esistenza di quell'uomo fa meno male dei loro abiti ammonticchiati.

David Grossman è nato nel 1954 a Gerusalemme, dove vive con la moglie e tre figli. Ha esordito nel 1983 con Il sorriso dell'agnello, ma è diventato un caso letterario nel 1988 grazie al successo di Vedi alla voce: amore, successo replicato nel 1992 con Il libro della grammatica interiore, nel 1999 con Che tu sia per me il coltello, e nel 2001 con Qualcuno con cui correre. Suoi sono anche tre celebri libri-inchiesta dedicati alla questione palestinese (Il vento giallo, Un popolo invisibile e il recente La guerra che non si può vincere), il romanzo per “giovani adulti” Ci sono bambini a zig-zag, e diversi libri per ragazzi.

 

 

Katia Ciarrocchi

 

www.liberolibro.it

 

 
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