L'uomo duplicato
di José Saramago
Edizioni Einaudi
Narrativa romanzo
Pagg. 286
ISBN 9788806174200
Prezzo € 10,50
L'impossibile era
l'ultima illusione che ci restava. Parola di José Saramago
“Le parole sono l'unica cosa immortale;
quando uno è morto, ai posteri rimangono solo loro.”
José Saramago
Che la vita riservi delle
impossibilità che all'improvviso si realizzano in realtà tangibili, non è una
novità, anche se non sempre accade che i desiderata e la realtà corrispondano
alle impossibilità immaginate. Ne sa qualcosa José Saramago,
che in un'ottica perfettamente oggettistica ma umana, quella di “Oggetto quasi”, spiega che “l'impossibilità era l'ultima illusione che ci
restava”. “L'uomo duplicato”,
questa una delle ultime fatiche dello scrittore
insignito nel 1998 del premio Nobel per la Letteratura, è romanzo
come un giallo, la cui maestria è quella dello scrittore consumato capace di
dar spessore nuovo di significati a quella che per altri colleghi sarebbe
materia per una storia banale. Ma non si pensi a Saramago
come ad un epigono di P.K. Dick che replica i suoi
simulacri, non si pensi a Saramago come a un semplice
parolière scevro di valori e sentimenti, si consideri piuttosto Saramago scrittore epico omerico pirandelliano in grado di
disegnare la realtà moltiplicando ogni sua possibile ed
impossibile sfumatura in coriandoli di casi possibili, di micro-realtà che si inseriscono nella nostra identità per
proiettarla in un universo che è la realtà stessa, non semplice modello d'un
mondo parallelo. La concretezza di Saramago non è
metafisica sciorinata in parole e contenuti, è pragmatismo, anche se il libro è
un oggetto e come tale si comporta anche se non toccato da mani umane, perché
il libro è libero quindi suscettibile di mille incidenti di percorso, l'aria
che ne ingiallisce le pagine, la polvere che si accumula su di esso, ma anche
vittima delle azioni che l'uomo potrebbe operare nel tentativo di interpretarne
i contenuti.
L'universo-uomo è il pragmatismo che Saramago sa:
attraverso “L'uomo duplicato”,
per l'ennesima volta, l'autore ci dimostra che non esiste l'alieno ma solo
l'uomo che è animale, oggetto umano, duplicato e duplicabile, nelle azioni, nel
corpo ma più difficilmente nell'anima. Il DNA non spiega l'esistenza e neanche
la metafisica né le supposte religioni inventate dall'uomo per dirsi tale. Ne “L'uomo
duplicato” assistiamo al grande dilemma in chiave epica che
spinge l'uomo a domandarsi “chi è”. Accade per caso che Tertuliano
Máximo Afonso, professore
di Storia, un individuo non dissimile da tanti milioni che invadono città
metropoli e deserti, si imbatta in una videocassetta dove scorge il suo
duplicato, un attore che ricopre ruoli secondari, ma che è in tutto e per tutto
uguale a lui, Máximo Afonso
perché il nome-parola Tertuliano è per il
protagonista una appendice inutile e fastidiosa non
solo per se stesso ma per chiunque abbia a che fare con lui, l'unico Máximo Afonso. Eppure il
protagonista scopre di non essere il solo ad avere la sua faccia, il suo corpo:
è una folgorazione l'evidenza che gli si para di fronte, inopinatamente. Deve
sapere, ma intanto l'amante non gli dà requie: lui è combattuto, vorrebbe
lasciarla, con delicatezza, come un oggetto a cui ci si è sentiti attaccati per
convenienza, ma quando se la trova davanti le parole gli muoiono in bocca, e in
bocca i baci saporiti di lei fanno il resto, mettono a tacere quelle cose
assurde che sarebbero parole su parole, un rotolamento, significati a raffica
sparati a salve. Ma Máximo Afonso
sa che prima o poi finirà anche il sapore dei baci, e rimarrà forse solo il
pallido ricordo di un letto odoroso di loro a fare all'amore nel tentativo di
compenetrare significati troppo reali perché siano comprensibili a due corpi
distratti dalle carezze, dall'erotismo inventato per non staccarsi l'uno
dall'altra. Ma la relazione di Máximo Afonso con Maria da Paz è un effetto quasi collaterale nel
dramma del protagonista; la sua ossessione è il duplicato, o almeno, quell'uomo
che lui crede essere un simulacro eppure esistente e che ha un nome, un nome da
artista, Daniel Santa-Clara, mica
l'insulto anagrafico che si trascina lui e che risponde al nome-parola di Tertuliano. Máximo Afonso, dopo non poche ricerche, scopre il nome del sosia e
la sua vita, almeno quella che può essere percepita spiando di nascosto, ma
comprende che Daniel ha un suo nome e cognome e anche una vita, forse migliore della sua. Ora che sa che un altro è lui, che
replica Máximo Afonso, ma
che è se stesso, come dovrebbe comportarsi? L'unica via per uscire fuori da
questa claustrofobia di identità è incontrare Daniel vis-à-vis,
vedere se è proprio così, se è uguale a Máximo Afonso che ha pure lui nomi e cognomi mal legati fra di loro, pasticciati, che sono vergogna per l'identità
indelebile scritta all'anagrafe. Il “doppio”,
perché non può essere diversamente nell'innocenza speculativa di Máximo Afonso, non può che essere
un doppio, reale quanto si vuole, ma comunque un doppio, un incidente dovuto al
caso, non un teratoma, ma comunque un incidente che deve essere indagato, con
discrezione, perché né lui, Máximo Afonso, né Daniel Santa-Clara
direbbero mai di se stessi al mondo per finire sulle pagine dei giornali.
Il tema del sosia, del doppio risale al mito della nascita di Ercole: Alcmena crede di avere accanto a sé nel letto il suo sposo
Anfitrione, mentre a lui si è sostituito Giove che ha assunto le sue sembianze
per sedurla. Da Plauto a Heinrich von Kleist, da Molière a Dostoevskij, a Luis de Camoes, la tragedia del sosia, del doppio, del simulacro,
trova ne “L'uomo
duplicato” un destino non solo letterario, ma anche, e
soprattutto, una profondità espressiva umana che solo José Saramago
poteva mettere in piedi senza scadere nel ridicolo. Ci
ricorda il premio Nobel attraverso “Tutti
i nomi” che “Tutte le
risposte sono nell'aria.
Le risposte ci sono tutte nel mondo, se non c'è la risposta è
la domanda che è sbagliata”.
Sappiamo che è praticamente impossibile che due persone siano perfettamente
identiche, ma allora perché uno scrittore a partire da un'impossibilità
dovrebbe dar corpo a una storia di sosia? Perché nell'impossibilità, nel
qualcosa che non può accadere c'è una sorta di provocazione nei confronti della
vita, del lettore, uno stimolo che non può essere ignorato.
Par quasi un giallo “L'uomo duplicato”:
l'atmosfera si condensa in mistero, una perfetta commistione di reale e irreale
reale, e come ne “L'anno della morte di Ricardo Reis”
dove il fantasma di Pessoa e il corpo reale del suo eteronimo d'invenzione
coesistevano, i “doppi di sé” irrompono sulla scena, e nelle vite dei
protagonisti. Il messaggio onirico è la straordinaria biografia di un uomo
ir-reale che rinnova quell'impalpabilità tragica che è il vivere forse in un
sogno o anche il sogno che vive il nostro Sé.
Note biografiche dell'autore:
José Saramago, nato ad Azinhaga
nel 1922, narratore, poeta e drammaturgo portoghese, ha vinto il Premio Nobel
per la Letteratura
nel 1998. Tra le sue opere pubblicate è d'obbligo ricordare almeno L'anno della
morte di Ricardo Reis, La zattera di pietra, Storia
dell'assedio di Lisbona, Viaggio in Portogallo, Cecità, Oggetto quasi, Tutti i
nomi, Il racconto dell'isola sconosciuta, La caverna, Il Vangelo secondo Gesù
Cristo, Manuale di pittura e calligrafia, L'uomo duplicato, Poesie e Teatro,
Saggio sulla Lucidità.
Giuseppe
Iannozzi
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