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  Letteratura  »  Simona Lo Iacono ha recensito Nutrimenti per l'anima, di Maria Teresa Santalucia Scibona, edito da Joker; segue intervista all'autrice. 14/01/2010
 

Nutrimenti per l'anima di M. Teresa Santalucia Scibona.

Una conversazione e un libro.

di Simona Lo Iacono

 

 

La poesia scava. E' l'arma dei giusti. Il grido. E' la verità che trova parola.

Non ha necessariamente una veste. Non deve raccontare una storia. La poesia è nata per tradurre un affioro di noi. Un'intuizione. Un guizzo o un desiderio.

Un dolore.

Da buona siciliana avvezza ai miti non ignoro che il suo spirito ha radici misteriose. A Mineo, ad esempio, dove Giuseppe Bonaviri è nato e dove il poetare era riservato alla notte, alle infumate di pane attorno a un focolaio, alle donne inginocchiate a spampinare cesti o a ricamare corredi, a Mineo, dicevo, esiste una pietra che la leggenda vuole ispiratrice di energie poetiche. Basta sedersi lì, dicono. E la voce scheggia impazzita, si riappropria di te. Ti si fa innanzi come una vestale che si offra all'uomo.

Non so se M. Teresa Santalucia Scibona abbia mai sfiorato la pietra. Se mai abbia risalito le straduncole di Mineo o se il canto le si sia frastagliato addosso zampillando dal cuore del sasso.

Ma se la natura trascolora dal cielo all'uomo, lei deve essersi trovata frammezzo a questo passaggio, deve averne forse aspirato una folata.

O deve avere vegliato molte notti sottocoperta, dove le folaghe dei venti arrivano da sud. Da quella pietra che venti di poppa e di prora sospingono ovunque.

Perché la sua poesia nasconde una radice di terra. Un'assonanza rapitrice con le forze primitive dell'uomo. Un inno travolto e scheggiato. La metafora, sempre travalicata dalla pietà, di noi. 

Maria Teresa incanta la parola, la piega alla denuncia, alla domanda, alla commozione. Non fugge mai il senso. Non crede alla sorte.

In “Nutrimenti  per l'anima” (Joker, pagg 70, € 11,00) è un viaggiatrice che naviga con bussolame ben piantato, con orpelli di nostromo esperto. Sa – e la scia delle correnti non la confonde – che la vita è stuporosa visione. Che va decifrata. E che i segnali sono le parole.

Così fa affiorare il canto. Affidandosi alla rotta, moderando un timone che non sfugge mai alla presa, dipanando la metafora della realtà con l'occhio sbendato d'una esperta conoscitrice delle regioni dell'anima.

Per esempio quando svela che “solo più adulto/ disincantato e stanco/ troverai l'approdo sicuro/ dove serrare le vele” (Inquietudine). O quando, con liberato amore per l'uomo, ne traduce l'ambivalenza, l'altalenante condizione :tra fiori e paludi/ tra croci e bandiere/ si dibatte  (Compromesso). O ancora là dove, sverginando i sogni della prima giovinezza, si affida a una memoria comunque dolce, risanata dalla parola : “Tento di destreggiarmi fra secche/ e marosi, ora che la sorte/ meschina ha profuso livide/ ferite come vino sprizzato/ dal torchio, come grandine/ che l'erba trincia”(In rue des Bouchers).

La poesia in Maria Teresa non è mai astrazione, fuga dalla responsabilità, disimpegno. Lacrimata e struggente, rimpianta e sempre espiata, è la vita a fiocinare il verso, a farsi deserto, sete, orcio.  

 

 

          INTERVISTA DI SIMONA LO IACONO

 

 Maria Teresa in che modo nasce una poesia?

 

 Almeno per me, un testo non è mai frutto di improvvisazione.

 Di getto posso scrivere una frase che vortica con insistenza nella mente o  un'idea che suscita la mia attenzione, subito le fermo per non dimenticarle.

 Una poesia può lievitare dentro di noi per gli spunti più diversi, per il fascino  misterico dei luoghi visitati, per la capacità evocativa di una musica o di  un ‘opera d'arte, per l'incontro fortuito con una persona speciale che ci attragga.

  Un ottimo motivo potrebbe essere, lo stupore suscitato nello scrutare le onde marine infide, seducenti, imprevedibili e bellissime. Oppure nel ritrovarsi  a stretto contatto  con l' opulenta magnificenza della natura, lasciandosi incantare dalla millenaria  ritualità dei gesti dei seminatori ( es. Il pane quotidiano).

  Magari,  il volere immaginare gli arcaici istinti nel seguire idealmente, la silente  transumanza  dei pastori. (come nel testo “ Vita di pastore”).

 Tuttavia, l'elaborazione e l'architettura  di ogni opera costituisce un lungo processo di  riflessione, di ricerca formale e dei contenuti.

 Mi piace esaminare con attenzione, l'effetto sonoro della parola usuale o desueta,  che appaghi interamente la musicalità del verso e il mio interiore concetto di senso

 estetico. Oltre all'artificio dei vocaboli e degli aggettivi, adotto spesso l'espediente di simboli e metafore.

   Così, nel volume “ L'amore imperfetto”,  ho tentato di analizzare con occhio disincantato, oserei dire malizioso, i sottili veleni dell'amore,  per indagare a fondo,  la variabile gamma dei sentimenti  affettivi, (come un ossessiva gelosia),  con la quale  riusciamo a  complicare le nostre labili esistenze.

  Mi identifico alquanto, nel verso del mio amico poeta e concittadino Cesare Viviani :

 

   Scrivere come leggere  una  poesia è una esperienza formativa.

      Ti confronti con l'inafferrabile.”

 

 

 E' la vita a tradursi in parola o è la parola a svelare la vita?

 

Ritengo che questi due concetti si leghino e si completino fra loro.

Nel mio caso, è il desiderio di non lasciarsi coinvolgere ed annientare dalle spire insidiose della mia invalidante malattia, divenuta  da trentatre anni, una scomoda e inseparabile compagna.

 

Senza pietosi compatimenti,  mi sono imposta di sopportare con serena accettazione, una vita irta di ostacoli e lastricata da una vasta tipologia di barriere. Pur sembrando un paradosso, tale sfida ha anche dei risvolti positivi poiché la disabilità mi ha insegnato a potenziare quel piccolo margine di azione che mi è rimasto  e mi ha fatto rispolverare le cose veramente essenziali per  l'essere umano, come l'insopprimibile dignità della persona.

 Mi piace citare una frase significativa del protagonista che il mio amico Giampaolo Rugarli, fa dire nel romanzo autobiografico “ Nido di Ghiaccio”  Mondadori  Editore  (1989),  selezionato al  Premio Campiello:-

..all'interno dei confini non avrei mai scoperto un mare più vasto e più  profondo di quello che fiottava dentro di me.”

In tal senso lo scrivere è divenuto per me, una impellente necessità che mi affranchi dai ristretti limiti del mio corpo e mi permetta di esternare sentimenti che non siano solo miei, ma che  rispecchino una valenza universale.

 

 Spesso le tue poesie hanno l'andamento solenne di un salmo biblico.

 Specie “ Esortazione” che, infatti si apre  con un epigrafe di Isaia.

 

  Tale prerogativa, è frutto di quotidiana frequentazione dei Sacri Testi,  la cui suprema testimonianza,  mi ha insegnato la ricerca della verità,   un giudizio obbiettivo e pacato degli eventi da esaminare e   un insaziato desiderio di giustizia sociale verso gli ultimi e gli  emarginati.

   Ho citato Isaia perché nutro una predilezione speciale per Lui e forse perché lo  conosco meglio.

  Ogni profeta viene scelto da Dio e diviene un portavoce della Sua volontà   divina. Oltre al carisma della veggenza, il contemplante rappresenta una salda guida spirituale nei momenti cruciali del popolo eletto.

  Isaia, figlio di Amoz, era nobile di nascita, dai biblisti viene  incluso fra i profeti maggiori, ossia coloro che oltre  a servirsi dell'oratoria furono anche scrittori. 

  Molti,  per il suo linguaggio, metaforico lo reputano un  magnifico  poeta.

  Egli attuò il suo ministero profetico sotto quattro re, nel periodo prima dell'esilio degli ebrei in Babilonia dall'800 al 600 a. Cr..

  Isaia, nella prima parte detta, Libri dei giudizi di Dio,  è ricordato per le sue rampogne (3,14) per esortare le donne a non essere  seduttrici, a vestirsi con virtuosa modestia per evitare i celesti castighi, per gli oracoli  su Giuda e  Gerusalemme e  contro le altre nazioni..

  Egli, inoltre viene  ritenuto il profeta della fede e  annunciatore messianico per eccellenza.

   Il monito del testo “Esortazione”( 63,3),  è tratto dal capitolo “ Il Torchio della   Divina Giustizia”.

  Nella composizione come del resto, in “ Lamento di una madre”, ho voluto  esternare l'orrore profondo per la guerra,  per le efferate crudeltà  sciolte nel sangue  innocente.

   In ogni parte del mondo, nessun governo fa mai tesoro delle negative esperienze che annienteranno il destino  di centinaia di persone .

  E tuttavia  è consolante constatare che persino in questi tragici frangenti, dove la vita e la morte si inseguono, si possono verificare, mirabili eventi, ad. es. un improvviso e

   generoso gesto di eroismo,  il miracolo dell'amore sbocciato fra due esseri nemici, la nascita di una tenera creaturina,  che attesti come la vita continui fra  le rovine e le macerie.

 

Quando la parola del verso si traduce in salmo?

 

 Non posso giudicare se  i miei versi siano riusciti  a tanto, immagino che ciò avvenga  quando sia stata assimilata e decantata la ricchezza meditativa della Bibbia.

 Nel mio poemetto Mosè, oltre alle vicende  per giungere alla Terra promessa, ho tentato di tradurre il suo pensiero religioso, le complesse leggi ebraiche e le simbologie.

 Il testo è stato scritto in sette anni con tanta passione e tremore.

Come l'Inviato, mi sentivo balbuziente ed inadeguata per l'improbo compito che volevo perseguire.  Reputavo, la  grandiosa figura di Mosè, molto moderna ed attuale.

Anche  noi non siamo mai contenti di ciò che la vita ci offre ogni giorno e attraversiamo un deserto di amarezze nella speranza di giungere alla Terra promessa .

Inoltre il mio tenace anelito, era quello di dimostrare l'amore misericordioso di Dio per il suo popolo e per  tutti noi.

 

Borges diceva:- I libri della biblioteca sono senza lettere. Se li apro mi appaiano”.

E' così per te?

 

 Jorge Luis Borges è uno degli scrittori che prediligo, nei miei tentativi poetici, come monito ho sempre optato per la sua frase  nella quale meglio mi rispecchio:-

  -“ Non senza una certa logica amarezza penso che le parole essenziali che mi esprimono sono in quelle pagine che non sanno chi sono io, non in quelle che ho scritto.”     

 

Dolce Tessy, un augurio è un sogno da realizzare. Ci parli dei prossimi progetti letterari?

 

Malgrado l'età che incombe,… inediti diversi scalpitano nel cassetto:

Un diario, che testimoni le traversie di quando mi sono operata a Marsiglia (1983), per  potermi alzare, dopo sei anni, dall'odiosa  sedia a rotelle…

 

Il desiderio di assemblare e pubblicare tutte le mie poesie religiose.

 

Coltivare lesile speranza di rieditare il Mosè, considerato da alcuni critici  la mia opera migliore.

 Reputo il poemetto,  per la sua scarsa diffusione nelle librerie, come un figlio mai nato, anche se nelle Chiese è stato ben accolto e declamato più volte.

 

 Terminare e rivedere i venti capitoli  su l'opera “ Giobbe”, interrotto bruscamente alla fine di un verso,  quando andando in terrazza per riordinare le idee, sono inciampata nello scalino, mi sono rotta il piede, il braccio, la testa e sono rimasta bloccata a letto per  oltre due mesi.

 

 Avere il temerario coraggio di pubblicare alcuni racconti ironici e non, che per ora non ho voluto presentare….

 

 Deliziosa Simona, i miei progetti ti sembrano troppi?  Del resto, mia cara, - se tarpiamo i nostri sogni, forse ci accorciamo la vita…

 

Grazie di vero cuore.

 

La tua Tessy

 

 

 

 

L'intento del mio tenace anelito è il desiderio  profondo e insaziato di giustizia.

 

 

Nutrimenti per l'anima

di Maria Teresa Santalucia Scibona

Edizioni Joker

www.edizionijoker.com

Poesia

Pagg. 74

ISBN 978-88-7536-228-7

Prezzo € 11,00

 
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