Due di Irène Némirovsky, Adelphi
Vogliamoci bene ché viene
la guerra
Fresco di stampa, Due di Irène Nèmirovsky
(Titolo originale Deux, traduzione di Laura Frausin Guarino, pp.237, euro
18,50) è una nuova prova dell'impegno che Adelphi sta mettendo nel pubblicare
l'opera omnia dell'autrice – a partire da Il ballo (2005), David Golder e La moglie di don Giovanni (2006), Jezabel e Come Le mosche d'autunno (2007) Il calore del
sangue e I cani e i lupi (2008) per giungere a I doni della vita (2009) – dopo
il clamoroso successo mondiale di Suite francese che nel 2005 divenne il caso
letterario dell'anno, già dato alle stampe e pluripremiato in Francia,
riscoperto a mezzo secolo di distanza dalla sua stesura.
In Due, Irène Némirovsky
(nata a Kiev nel 1903 e morta ad Auschwitz nel 1942) ci offre un taglio diverso
dalla realtà trattata nelle sue opere precedenti, quando sfoggiava un lessico
borsistico, come in David Golden o ci presentava l'incanto di un'epopea –
troncata dalla sua prematura morte -, come in Suite francese
Ora siamo nel 1939, l'autrice ebrea si è convertita al cattolicesimo ormai
troppo tardi per poter ovviare alla furia nazista sempre più minacciosa.
Quindi, trattare un tema amoroso, sentimentale, sembra alleggerire le sue
ansie, come se voltasse pagina, almeno nella scrittura, coinvolgendo il lettore
in un'atmosfera più leggera, anche se costellata di delusioni e dolori,
trasportandoci nei favolosi anni Venti, nell'epoca che già era stata propria a F.S. Fitgerald e a Virginia Woolf.
Eppure, l'angolo di visuale della Némirovsky è dotato
di una sua levitas tutta particolare, mentre sembra
fotografare la borghesia, quella classe privilegiata della sua giovinezza che
si era potuta concedere stravaganze e anticonformismi, destinati a spegnersi
con il maturare dell'età, perché i giovani borghesi devono rinsavire: è una
legge senza scampo che concede eccezioni solo agli appartenenti alla classe di
plutocrati o alla nobiltà.
Nella villa del Bois de Boulogne,
durante l'assenza dei genitori, le giovani protagoniste (Marianne e l'amica Solange) invitano gli amici e amoreggiano, ascoltando
musica. Abilità della scrittrice sta anche nel ricreare l'atmosfera del tempo,
con particolari dell'abbigliamento, con evocazioni della musica illanguidente che
si ascolta, capace di ritmare la voluttà dei desideri.
Tutti sembrano avere soltanto la voglia sfrenata di divertirsi, dopo lo strazio
della Grande Guerra. Ma è solo un'apparenza sotto cui
si annida “il lato sordido della vita” nell'avvicendarsi di amori sofferti, per
cui Marianne che parrebbe presa da una passione senza scampo per Antoine –
giunta al matrimonio – sa mutare il bruciante sentimento in tranquillo affetto,
al pari di Solange che sposerà Gilbert, pur amando
Dominique, in perfetta sintonia col pensiero dell'autrice che solleva
l'interrogativo, per bocca dei suoi personaggi, di quando nell'unione coniugale
si passi dall'amore all'amicizia: “Quando si cessava di tormentarsi l'un
l'altro per volersi finalmente bene?”
Pagina dopo pagina, la Némirovsky sa accompagnarci attraverso le
proustiane intermittenze del cuore, conducendoci dentro il fuoco di passioni
che sembrerebbero essere ineluttabili, non esclusa la torbida esperienza
dell'adulterio, per farci approdare, coi suoi personaggi alla salvifica meta dell' “essere due”, al fine rasserenante dell'amore
coniugale comunque raggiunto, proprio perché il matrimonio regala sostegno e
complicità. Certo, non il fuoco dei primi tempi, ma la solidità delle certezze
rafforzate da una reciproca conoscenza ormai assoluta.
Oggi il tema trattato forse potrebbe anche apparire scontato o demodé, ma sta
alla penna ironica e allo sguardo penetrante, persino spietato, a volte
dolcemente crudele della scrittrice, la capacità di suscitare anche nei tempi
attuali il nostro umano e letterario interesse.
Grazia Giordani
www.graziagiordani.it