VARNEY, ONESTO PRECURSORE DI
DRACULA
di Carlo Bordoni
Il
mito del vampiro ha pagato il suo tributo anche al feuilleton, trovando
sbocco anche nei fascicoli periodici, distribuiti nelle strade a poco prezzo,
di solito al costo di un penny, e perciò detti penny
parts o penny dreadful. La straordinaria invenzione della
narrativa seriale, diluita in storie a puntate e venduta periodicamente, che
ha nell'Ottocento la sua prima e più fortunata stagione, contribuendo a creare
il successo di autori come Dickens e Dumas, non può certo tralasciare il mito
del vampiro, che in Gran Bretagna ha goduto di ampia popolarità attraverso il
frammento byroniano e la parodia del Polidori.
Un
tema che trova larga ed entusiastica accoglienza tra il pubblico popolare dei
lettori, anche in considerazione della persistenza
del gusto per il gotico, il macabro e il cimiteriale, introdotto dalla
cultura preromantica da Macpherson in poi. Non c'è
da stupirsi, dunque, se la storia frammentata e disomogenea di Varney
the Vampyre (1845-47), attribuita a due
onesti artigiani della penna, Thomas Preskett Prest e James Malcom Rymer, ma in origine pubblicata anonima, abbia goduto di
grande popolarità attorno agli anni Quaranta del secolo scorso, collezionando
ben 109 fascicoli settimanali, per un totale di 870 fittissime pagine. Una
vera telenovela d'altri tempi, destinata però a non lasciare traccia di sé
nella storia della letteratura, se non come fenomeno curioso e di costume.
L'opportunità
di sottrarre finalmente Varney
il vampiro dall'oblio secolare ce la offre ora la Gargoyle Books, pubblicandone l'edizione completa
in tre volumi (Il banchetto di sangue, L'inafferrabile, All'ombra
del Vesuvio), nella traduzione di Chiara Vatteroni
e con la prefazione di Carlo Pagetti. Opera meritoria
che permette di ristabilire tutte le connessioni culturali, i “debiti” e le
influenze tra il vampiro di Byron e Polidori – torvo,
tenebroso, malinconico – e il vampiro di Bram
Stoker, contraddistinto da una pruderie sessuofoba: è il vero,
l'unico “anello mancante” tra il vampiro romantico e quello vittoriano,
culminato nel capolavoro di Dracula (1897).
Varney ha origini
aristocratiche e veste sempre di nero, il colore della notte, che gli consente
di mimetizzarsi meglio con le ombre. La struttura seriale permette una
ripetizione pressoché infinita delle sue gesta vampiresche ai danni di
fanciulle indifese: la novità, rispetto a casi consimili, sta nella coscienza
che ha di sé questo protagonista di paure triviali. Varney
ha un atteggiamento curioso nei confronti delle sue vittime; non vorrebbe far
loro del male e talvolta cerca di metterle in guardia, di offrire loro una
possibilità di scampo. Azzanna proprio quando non può farne a meno, allorché il
suo istinto di sopravvivenza lo spinge a suggere la
linfa vitale dai giovani corpi. Ma si pente subito, piange lacrime di
coccodrillo e soffre di terribili sensi di colpa che lo portano alla
disperazione. Precursore di tanti mostri depressi e problematici, il Varney di Prest
e Rymer è l'unico caso di vampiro che scelga
deliberatamente di por fine ai suoi giorni. Lo fa nel modo più teatrale
possibile, prima gettandosi in acqua (ma è tratto in salvo da
alcuni marinai), poi nel cratere del Vesuvio. A Napoli per una visita
turistica, Varney si fa accompagnare da una guida
sulle pendici del vulcano e quindi si getta tra i fumi del magma ribollente,
trasparente metafora del fuoco infernale. In linea con la tradizione che
vuole i vampiri impalati, decapitati, sepolti ai crocicchi o, appunto,
bruciati. Ma non con quella parte della tradizione che li vuole creature
aggressive e malefiche, aggrappate fino allo stremo alla loro forma effimera
d'esistenza di non-morti. Invece Varney
è persino un vampiro simpatico, né riescono gli autori a infondere un vero
terrore. Non fa paura più di tanto, o forse si tratta degli effetti palesi della distanza temporale e culturale con il target
dei suoi lettori ottocenteschi: sta di fatto che siamo quasi
portati a prendercela con quelle infelici vittime del vampiro, così passive e
insulse da reagire solo urlando. Non hanno spessore psicologico di fronte al
mostro, che almeno ha l'umanità sconsolata e ghignante di sussurrare “Mi
spiace!”
Thomas Preskett Prest,
James Malcolm Rymer, Varney il vampiro. 1. Il banchetto di sangue,
introduzione di C. Pagetti, Roma, Gargoyle
Books, 2010, p. 540, € 16,00.