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  Letteratura  »  Il castello incantato, di Emiliano Grisostolo, edito da Zona e recensito da Giuseppe Iannozzi 27/07/2010
 

Il castello incantato

di Emiliano Grisostolo

Zona Editrice

Narrativa romanzo

Pagg. 150

ISBN 9788895514239

Prezzo € 15,00

 

 

Emiliano Grisostolo ha alle spalle almeno tre romanzi di forte impegno sociale, “L'ultima notte”; “Il grande burattinaio” e l'ultimissimo “Il castello incantato”, tutti editi da Zona editrice. Non temo una smentita se oggi qui dico che “Il castello incantato” è sicuramente il miglior lavoro dell'autore maniaghese, sia per stile sia per contenuti.
Emiliano Grisostolo già nelle sue opere precedenti ci ha abituati a temi di grande attualità, come la pena capitale e la pedofilia, riuscendo a mettere bene in evidenza questi mali della società, mali che purtroppo diventano day after day più che mai attuali, drammatici e reiterati. E' quasi impossibile aprire un quotidiano e non doversi confrontare con una notizia di nera che riguarda la scomparsa di un minore, forse vittima dei pedofili, forse rapito da non si sa chi e chissà per quali tristi fini. La nera oggi ci ha purtroppo quasi anestetizzati di fronte all'idea che nel mondo, ogni giorno, scompaiono nel nulla tantissimi innocenti, che non ritorneranno mai più a casa. E' il caso di definirli desaparecidos? Ahinoi, la più parte di quei fanciulli che scompaiono da un giorno all'altro, senza un motivo apparente, senza la richiesta d'un riscatto, sono da considerarsi desaparecidos. Se fino a qualche decina d'anni or sono si pensava, erroneamente, che le persone scomparse misteriosamente fossero solo una macabra realtà presente in stati totalitari quali l'Argentina e il Cile, oggi non è più così: chi oggi scompare dalla faccia della Terra, senza di sé lasciare traccia, è una persona comune, di qualsiasi età ed estrazione sociale. Non di rado gli scomparsi finiscono spolpati dai macabri ingranaggi di organizzazioni malavitose – che si annidano nel cuore di quelle società apparentemente più civili e democratiche. Pensare che oggi non esistano più i campi di concentramento è un'ingenuità bella grossa. Il mercato della prostituzione, della pedofilia, dello schiavismo, del traffico di organi umani non si ferma davanti a niente e a nessuno: le autorità, per quanto cerchino di sgominare schiavisti e pedofili – purtroppo ampiamente diffusi anche in Rete, che da alcuni anni è diventata la spiaggia preferita di moltissimi adescatori -, spesse volte si trovano con le mani legate o in un vicolo cieco.
Il castello incantato” di Emiliano Grisostolo è un noir, un'indagine che parte dalle radici della psiche umana, per svellere in ultimo, nel profondo, le ragioni che spingono alcuni individui a rapire degli innocenti per utilizzarli come pezzi di ricambio da rivendere al migliore offerente. Il romanzo dell'autore maniaghese ricorda per stile crudo e diretto quello di Eraldo Baldini, soprattutto per il romanzo “Bambine”, per la vicenda narrata autori quali il già citato Baldini, Massimo Carlotto, e in una certa misura Dacia Maraini per “Colomba”, tenendo però ben presenti le dovute e sostanziali differenze caratteriali ed espositive fra il giovane Grisostolo e la maestra della narrativa italiana Dacia Maraini.
Nel suo nuovo romanzo Grisostolo ci mette di fronte a un caso di scomparsa: una ragazza, poco più che ventenne, Maria Purini, da un momento all'altro scompare. Maria era una ragazza posata, che non avrebbe mai osato un colpo di testa, quindi la sua sparizione mette subito in allarme la famiglia. Bartolomeo Noti, magistrato in pensione e non più in ottima salute ma sempre attivo, si trova fra le mani il caso. Non lo può ignorare. Non può far finta che non sia accaduto niente e che lui, Bartolomeo Noti, non possa far qualcosa per restituire alla famiglia Maria. Però il magistrato sa bene che l'impresa di trovare la ragazza, viva, è disperata, tutt'altro che facile e ostacolata da tanti se e altrettanti ma. L'indagine è una corsa contro il tempo. Il magistrato Noti dovrà ricorrere a tutte le sue conoscenze per raccapezzarsi. Dovrà infiltrarsi nelle non-esistenze notturne che si consumano prostituendosi sui marciapiedi; dovrà cercare di carpire informazioni da chi la strada la vive per morire ammazzato di botte e di terrore nel migliore dei casi, e non da ultimo sarà costretto a far appello a tutta la sua forza di volontà per non soccombere sotto i colpi del suo cuore malato. Se c'è un lieto fine in una vicenda drammatica come questa, tra prostituzione e traffico di organi, è un happy end in pieno stile hollywoodiano, dove il The End è solo e sempre l'inizio di qualche cosa di molto più grande.
Per un volta concedetevi il piacere di una lettura che ha da insegnarvi che non si vive in una società perfetta né in una montatura funzionale alla fiction, perché Emiliano Grisostolo affonda il coltello in una piaga aperta più che mai reale, e forse inguaribile sin tanto che gli occhi di genti e di autorità continueranno a soffocare nel buio dell'ignoranza. Dimenticate le facili storie griffate degli autori di moda, che si ergono a paladini delle Patrie Lettere, e guardate invece in faccia la realtà che vi circonda, quella porzione che non vorremmo sapere e che eppure c'è. Concedetevi per una volta una lettura che non sia soltanto mero intrattenimento, perché “Il castello incantato” di Emiliano Grisostolo non è semplice fiction, è anche un castello di crude e terribili verità.

Emiliano Grisostolo parla de “Il castello incantato

Perché per “Il castello incantato” un finale che, a mio avviso, è in perfetto stile americano?
Il finale l'ho voluto mettere io, c'era nella bozza grezza. L'editor lo aveva tolto, lasciando il finale dove il magistrato presenta alla stampa il caso appena risolto. Il vecchio finale l'ho voluto ostinatamente io, ma per un semplice motivo. O forse due… Il finale, ripeto, l'ho voluto così perché mi dava modo di avere una storia che finisce tragicamente, con la morte del magistrato per arresto cardiaco, infatti stava già male durante il caso illustrato ne “Il castello incantato”, anche se la sua malattia l'ho appena sfiorata, volutamente sfiorata, in attesa del finale definitivo e che è poi nella storia pubblicata. L'ho voluto così proprio perché introduceva di forza la giovane prostituta, che prenderà le redini dei casi irrisolti dopo la dipartita di Bartolomeo Noti, ovviamente non senza problemi… anche se questa non è sicuramente la terza storia della trilogia, ma forse una in divenire e a sé… Infine perché personalmente i finali tragici mi hanno toccato in prima persona: non sono uno che pensa che tutto vada male, più semplicemente sono realista e spesso le cose vanno purtroppo male. I finali belli non mi piacciono, non sempre per lo meno. Lo avrai notato leggendo i miei precedenti lavori. Anche in quelli che ho pubblicato nel ‘97 e ‘98 i finali sono simili. A modo loro, ma simili. Un po' tutti i miei racconti o romanzi hanno questi finali non scontati, per lo meno spero sia così… eventualmente smentiscimi, lo “pretendo”; e se ci riuscirai, accetterò volentieri le tue osservazioni sempre molto attente. Diversa è invece la sceneggiatura di “Alice”, che due anni fa doveva divenire un film, e che invece è rimasta in un cassetto. “Alice” è un bel romanzo, non troppo lungo, adatto ai bambini, un libro lieto, dove ci vorrà un editing per sistemarlo. Ahimè, ho dei limiti che riconosco; ma il romanzo è bello e commovente, con una morale di fondo, così come spero di essere riuscito a portarla in tutti i miei lavori. La morte, quella che pervade i miei finali, è dovuta a un motivo ben preciso: la morte di uno dei miei fratelli, 13 anni or sono. La ricorrenza è caduta proprio in questi giorni. Questo fatto mi ha lasciato dentro un senso di realtà che spesso la gente non ha, che spesso non prova, se non dopo aver passato tre ore come quelle che ho passato io all'epoca. Una morte improvvisa, un trauma tirato per le lunghe e inaspettato, avvenuto dopo una corsa in bici – un allenamento (vedi il mio sito) -, dopo una scampagnata in allegria, dopo una giornata di duro lavoro. Un finale tragico che arriva alle otto di sera, quando la gente e i ragazzi di 15 anni dovrebbero sedersi a tavola e mangiare, e poi…. andare a dormire. Ma non per sempre. Quindi per me un senso di realtà che mi ha lasciato dentro una immane tristezza, dalla quale mi sono ripreso, ma che ritorna in maniera prepotente nelle mie storie, nei miei lavori… Una realtà scioccante che spesso ci coglie impreparati… la morte ci coglie impreparati, il più delle volte. Quando poi queste sono particolarmente brutali, ancor di più, anche se nelle mie storie cerco di renderle veloci e indolori. Ma così ovviamente non è. Il motivo di fondo che, inconsciamente o no, mi spinge a costruire finali drammatici è poi solo questo. Tuttavia non vuole essere un alibi, molto più semplicemente una rivelazione, un motivo e non una colpa, perché in fondo è una mia scelta che in questo caso è andata contro il volere e il consiglio del mio editor, che gentilmente ha accettato le mie spiegazioni.
Il sito ufficiale di Emiliano Grisostolo:

http://www.emilianogrisostolo.it

 

Giuseppe Iannozzi

www.liberolibro.it

 

 

 

 
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