Intervista
di Annalisa Stancanelli a Salvo Zappulla.
Come nasce Salvo Zappulla
scrittore?
Ricordo che mio padre voleva fare di me un
contadino per il nostro agrumeto ma io non ero del tutto convinto, mi
sembrava un lavoro troppo pesante. Un giorno, mi trovavo a Bologna, vidi passarmi
accanto un macchinone con autista.
“Quello dietro è Enzo Biagi” mi disse un amico. “Il suo ultimo libro ha venduto
centomila copie”. Ecco il lavoro che fa per me, decisi all'istante. La penna
pesa meno della vanga e si guadagna di più.
Quando la penna lo chiama?
Ho sempre amato scrivere, sin dall'infanzia.
Ricordo che a scuola prendevo
ottimi voti nei temi, a differenza delle materie tecniche. La
penna, per me, è l'arma ideale per condurre battaglie, sfidare il mondo,
conquistare territori. Se tutte le guerre si effettuassero con le penne,
vincerebbero sempre i migliori.
Cosa provi davanti a un foglio bianco?
Nulla di particolare, non ho paura del foglio
bianco. In genere rimugino nella mia testa la storia che intendo scrivere e poi
mi tuffo nell'avventura.
Il tuo primo lettore?
Prima era mio amico d'infanzia che ha fatto da
cavia, alla fine si è suicidato per la disperazione. Ora il mio primo lettore è
il mio agente, Juliane Roderer,
persona di cui mi fido incondizionatamente per la sua competenza e
professionalità.
Il tuo giudice più severo?
La mia coscienza. Guai a tradirla, a pensare
di scrivere strizzando l'occhio a eventuali operazioni commerciali, ne
uscirebbe un pastrocchio.
I modelli di stile?
Non ho modelli particolari, penso che ogni
scrittore deve avere un suo stile che lo
contraddistingue dagli altri. Ho letto tanto e da ogni libro ho appreso
qualcosa. C'è sempre da imparare. Non si finisce mai di imparare, ma non serve
cercare di scimmiottare questo o quello
.
Quali i libri più letti e accarezzati?
Tutti i grandi surrealisti: Kafka, Buzzati,
Calvino, Borges, coloro in grado di raccontare il sogno, l'incubo,
le angoscie. Buzzati in particolare. Il deserto dei
tartari l'avrò riletto una decina di volte e riesce sempre a trasmettermi nuove
emozioni. Anche Campanile e Cervantes sono stati importanti per la mia
formazione. Oltre all'indimenticabile Beppe Viola, editorialista de “La
gazzetta dello sport”.
Non hai avuto paura a confrontarti con Dante?
E' venuto lui a cercarmi, si è presentato di
notte nella mia stanza invitandomi a effettuare il viaggio. Non potevo
esimermi. Alla fine siamo diventati amici ed il confronto si è svolto in
condizioni di parità.
Come sei arrivato alla fiaba?
La fiaba appartiene al sogno, al visionario e
le visioni sono sempre state il mio terreno
Prossimi progetti?
E' di prossima uscita con Del Vecchio di Roma
il romanzo: “Il processo”.
La musica ti ispira, quando crei dove e come
sei? Penna matita o pc? Mattina o sera o l'incantevole
e intrigante notte?
Quando scrivo preferisco il silenzio,
qualsiasi forma di intrusione mi distrae. Non ho orari particolari, ma la notte
no, la notte è fatta per amare. Non sono metodico, posso stare mesi senza
scrivere e poi riempire 50 pagine in due giorni. Il pc
è diventato uno strumento di lavoro indispensabile, qualsiasi professionista
non può più farne a meno.
Un tema o un personaggio che ti ispirano?
Versi preferiti di poeta o passaggi di prosa?
Mi ispira molto la natura, parecchi miei testi
sono a tema ecologico. Mi spaventa l'utilizzo che l'uomo fa dell'ambiente
e cerco di raccontarlo in tutti i modi. Versi? Passaggi di prosa? Mi piace
ricordare una frase di Voltaire: “Tutti i generi letterari vanno bene, tranne
quelli noiosi”. Questo cerco di tenerlo sempre presente quando mi accingo a
scrivere un romanzo.
Annalisa Stancanelli