I tuoi cento anni
(a Cesare Pavese nel centenario della nascita)
di Franco Seculin
Da sempre la paura di
disturbarti mi
ha tenuto lontano. In verità avrei voluto, sin dal primo momento, comunicarti
la gioia per averti
scoperto e l'infinita tristezza per averti perso, dieci anni prima di averti
conosciuto. Ma tu mi insegni che i confini di spazio e tempo sono soltanto
un'invenzione dell'uomo,
mentre le vere realtà sopravvivono ad ogni gesto, ecco perché in un momento ti
ho rivisto qui sulla soglia della camera dove attendo alle mie fatiche. Ma non
eri tu solo. Dietro di te immobile, una folla di volti si affannava per
primeggiare, come se fosse importante per tutti loro esserti a fianco e non
dare spazio a nessuno. Mi sono alzato dalla scrivania per fermarli o dare loro
un ordine di precedenza, ma tu sorridendo mi hai detto, e per la prima volta ho
ascoltato la tua voce, - lasciali fare,
non mi disturbano. Io li ho creati, so come sono… tutti. Devi capire la loro ansia , da quando li ho lasciati perché percorressero i sentieri
del mondo, conoscessero altre anime e si
dannassero o vivessero di vita nuova , non ho più avuto un'occasione
materiale per incontrarli. Ti ringrazio per averli evocati, così staremo un po'
insieme e capirai il mio dolore, e non disinteresse, per averli abbandonati.
Oh… certamente qualcuno deve averlo pensato, forse mi ha dipinto come un
egoista, timoroso che i frutti del suo parto prevaricassero la sua persona. Non
è andata così, mio caro amico.
Ancora non ci credevo.
Non era possibile che lui, il mio mentore senza saperlo, si indirizzasse a me
con tanta franchezza e che io potessi corrispondergli e fargli sapere quanto avevo penato
sui suoi libri e sui suoi versi per cercare di capire il perché, quando, e ora
potevo averne conferma, un perché non c'era . “ Un ultimo segno… e poi non scriverò più”. Così è stato. Non è
forse vero che anche per il più grande e forte degli uccelli, in natura arriva,
il giorno in cui capisce che il suo volare è finito? Che le grandi ali esauste
non potranno più sostenerlo nel suo volo libero?
- Dimmelo tu ti prego
che è così . Io ti ho vissuto dentro. Il tuo volo per
me continua ancora oggi e ti vedo, nei miei tramonti spiccare, in contro luce
contro un sole che muore ogni giorno per rinascere l'indomani. Ognuno di noi
sa, o crede di sapere, che il sole però non muore mai. Mi manca il coraggio di
dirti che un giorno , ma non per copiarti e rendermi
ridicolo anche davanti a me stesso, ho scritto : verrà la notte e avrà i tuoi
occhi. Quegli occhi così protetti da letterato qual'eri, ancora mi
scrutano, a volte, alla fine di un giorno inutile. E allora mi chiedo se fu la
scoperta dell'inutilità, anche di un solo giorno, a deciderti di segnare come
definitivo il tuo cammino con l'abbandono della penna.
Ora che sei qui
concedimi di ascoltarti ancora e parlami del mare. Di quel mare inteso, come disse
qualcuno, come un infinito dove perdersi è dovuto. Non è che non ci sia la tentazione in me di procedere verso
quella scoperta, ma è con te, se vuoi, e con il tuo cuore che vorrei essere
toccato e travolto da questa grande verità, che,solo a volte, con le parole qualcuno ha inteso rivelare : “… come
il mare profondo ed infinito”.
- Oh sì certo... grandi e belle parole e che musica a
seguirle. Ma vedi amico mio sarebbe troppo facile togliere da un invenzione poetica, anche nell'altro caso, un così grande
assunto di verità. L'uomo che si pone davanti all'infinito ,
da sempre ha cercato di raffigurarlo, ma dimmi come si fa a rappresentare
qualcosa che non si conosce? Non vorrei deluderti, come altri ho già deluso, ma
insieme faremmo poca strada. Credo che solo con la morte si possa approdare al
vero concetto di infinito che tanto ti angoscia. Se questo è vero, per chi pensa a un
altro mondo, allora fatti coraggio e segui quel pensatore, invocalo nella tua
solitudine, quando un solo pensiero potrebbe salvarti dall'essere , meschino e poca cosa. C'è altro che tu possa dire di me
che serva a consolare questa folla di comparse che mi preme, con urgenza, come
se io mi fossi troppo allontanato?
- Sì una sola cosa: io ero ragazzo e tu
mi hai fatto uomo. Anch'io oggi so cos'è il mestiere di vivere, anche se non mi
appartiene e , di questo, ti ringrazio.