Bauman torna al
Festival di Modena
di Carlo Bordoni
Zygmunt Bauman (Poznan, 1925) torna a Modena per il
“Festival della Filosofia”. Terrà la sua lezione magistrale su “Sorte
individuale” nel pomeriggio di venerdì 17 settembre, alle ore 15, nella Piazza
Grande. Sociologo, professore emerito alle Università di Leeds e Varsavia, Bauman non è solo l'acuto osservatore della società
liquida. È anche il più profondo critico della società dei consumi. Al problema
del consumismo ha dedicato molti studi, a cominciare
da Lavoro, consumismo e nuove povertà
(Città Aperta, 2007), Homo consumens (Erickson, 2007),e
poi Consumo, dunque sono (Laterza,
2008), fino all'ultimo, L'etica in un mondo di consumatori (Laterza, 2010).dove sono affrontati temi scottanti del
mutamento sociale.
Ascoltare Bauman è un'esperienza
creativa. È uno di quei rari pensatori che sono vere “incubatrici” di
pensiero: ascolti le loro osservazioni, all'apparenza innocue e pacate, e ti
si aprono orizzonti di complessità, collegamenti inaspettati, soluzioni a cui
non avresti mai pensato. Uno di quei rari pensatori che sono capaci di “generare
senso”, autorevoli testimoni del loro tempo. E testimone del nostro tempo Bauman lo è senza dubbio, essendo considerato come il più
significativo maître à penser tra il XX e il XXI secolo.
Così appare interessante il suo pensiero sulla religione nella
globalizzazione e la questione della povertà. Ma perché il ritorno al sacro è
una delle risposte possibili al problema della globalizzazione? Coerentemente
con la crisi delle ideologie che ha segnato la nascita del postmodernismo, Bauman rileva come il bisogno di
stabilità e di sicurezza si traduca in un recupero della spiritualità “slegata
da ogni riferimento temporale”. Per comprendere questo fenomeno non bisogna
dimenticare che la crisi delle ideologie – un fenomeno nato con l'Illuminismo –
equivale a una crisi del razionalismo. Così il
recupero dei valori religiosi rappresenta il bisogno di fiducia, non più
razionalizzato, riposto in un valore trascendentale. Ciò anche per contrastare
l'individualismo esasperato nella fase della demassificazione.
Quello della nuova povertà, in opposizione al consumismo esasperato,
è un tema relativamente nuovo in Bauman, affrontato
nei testi più recenti; un tema gravido di sviluppi sociologici molto significativi.
Si parte dal presupposto che la povertà sia l'unico elemento
“solidificato” in una società liquida, esasperata dall'incertezza e dall' instabilità. I poveri sono coloro che, al contrario
delle classi medie, soffrono di una stabilità forzata, che non hanno nulla da
perdere (come i proletari del “Manifesto” di Marx),
che sono sicuri delle loro condizione e non hanno speranze di miglioramento.
Non hanno neppure il diritto di definirsi “classe” sociale, perché non entrano
nel processo produttivo.
Privati invece del lavoro, i poveri perdono anche la consolazione
dell'utopia socialista. Eppure la loro è una condizione, a suo modo,
privilegiata. Un punto d'arrivo necessario per le classi medie, che vanno
perdendo la loro sicurezza, rappresentata dalla professionalità, dal risparmio,
dalla sicurezza sociale, dai servizi, dai diritti acquisiti, dal potere
d'acquisto, dalle pensioni. È la nuova “filosofia della spoliazione”, propria
di una società in cui la povertà può diventare uno “status” riconosciuto.
Insomma, “povero è bello”. Il futuro è destinato a rivalutare la povertà,
laddove si realizza il motto evangelico “Beati i poveri, perché di essi sarà il
regno dei cieli”.