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  Letteratura  »  La città nera, di Mauro Baldrati, edito da Perdisa e recensito da Giuseppe Iannozzi 21/09/2010
 

Mauro Baldrati nella città nera
Disegno di una società totalitaria
troppo simile a quella che viviamo

di Iannozzi Giuseppe

 

 

 

 

Pubblicato nella neonata collana Pop2 (curata da Luigi Bernardi), Gruppo Perdisa Editore, il nuovo romanzo di Mauro Baldrati, “La città nera”.

Il futuro descritto da Mauro Baldrati non è poi così lontano dalla odierna realtà. Roma è una città grottesca, buia, abitata da poveri cristi che in un modo o nell'altro, anche con mezzi raccapriccianti e al di là di ogni etica civile, cercano di tirare a campare.
Siamo in una Roma che vede gli uomini costretti alla antropofagia, allo spaccio di droghe mortali ma anche di qualsiasi genere alimentare e suo succedaneo. Ilmercato nero' è per il popolo l'unico modo per procurarsi minimi mezzi di sussistenza. Nell'Urbe si sono venute a creare delle vere e proprie microsocietà, per cui i negri stanno coi negri, i musulmani con i musulmani, i rom coi rom e così via. Ogni etnia provvede per sé. Quasi superfluo sottolineare che le microsocietà si guardano sempre (e solo) in cagnesco, portando nella città un disordine ingestibile. Il corpo di polizia cerca di fare quel che può, cioè poco: la mancanza di mezzi e di uomini è pressoché totale. La Guardia Pretoriana, che è agli ordini del ministro dell'Interno e al servizio del Sindaco, è invece un corpo speciale; all'inizio aveva il compito di proteggere il Sindaco, ma subito è diventato un corpo squadrista che  giorno dopo giorno batte le strade dell'Urbe senza fare prigionieri.

Guardia Pretoriana e Polizia non vanno affatto d'accordo. La prima è uguale uguale ai fasci della IIa Guerra Mondiale e adopera gli stessi iniqui metodi per sedare risse e mietere vittime. La Polizia è anch'essa soggetta alle vessazioni dei Pretoriani, per cui tentare di portare una briciola di giustizia sulle strade si rivela quasi sempre una impresa ad alto rischio.

Nella società immaginata da Mauro Baldrati possiamo ritrovare molte delle ansie sociopolitiche che furono di Kurt Vonnegut, di George Orwell, ma anche e soprattutto di Philip K. Dick.

Baldrati evita d'impelagarsi in cervellotiche analisi, preferisce un più diretto ed efficace “pane al pane, vino al vino”, “questo buono, questo invece cattivo”. Di fronte ai morti che si ammonticchiano ai bordi delle strade, per essere divorati dai ratti o dagli uomini, esistono solo due concetti ben distinti, quello del Bene e quello del Male. Il Male è il Sindaco. E' la sua Guardia Pretoriana. E' il ministro dell'Interno. Il Bene è invece un ideale di cui pochi ricordano il significato. Il sergente Draghi della Polizia è uno dei pochi che, nonostante tutto, continua a fare il suo dovere nel nome della giustizia.

Siamo a Roma, anno 2106 dopo Cristo. Roma è una fogna a cielo aperto. La Guardia Pretoriana controlla la città, mentre la polizia metropolitana è un orpello. Il Sindaco è colui che ha diritto di vita e morte sulla popolazione; il ministro dell'Interno della Repubblica Sociale Italiana del Centro Sud, Giuseppe Luporini, è il braccio destro del Sindaco e di fatto è lui che ha il potere; che decide le sorti di ogni povero cristo; che comanda in nome e per conto del Sindaco. Il ministro Luporini è una sorta di moderno cardinale Richeliu, infido e doppiogiochista: sin da subito si intuisce che il Sindaco è un fantoccio, paranoico e ipocondriaco, troppo innamorato di sé per rendersi conto che Luporini sta macchinando alle sue spalle per scalzarlo dalla sua posizione.

Arriva all'orecchio della Guardia Pretoriana che la Resistenza avrebbe assoldato un killer per far fuori il Sindaco. Il ministro dell'Interno chiama la Polizia e chiede del sergente Draghi. Lo convoca da lui, gli spiega che il killer deve essere fermato e che ha tempo una settimana, non una ora di più. Gli spiega che se non riuscirà a fermare il killer nel termine stabilito, la Guardia Pretoriana rastrellerà la città in maniera tale da rivoltarla come un guanto. Il sergente Draghi è suo malgrado costretto ad accettare l'incarico, altrimenti entro sette giorni non ci sarà più nessuno in piedi. Il ministro è deciso a fare una carneficina. Insieme al suo compagno Rudolf, il sergente si muove per stanare l'assassino. Cerca di entrare negli ambienti della Resistenza e ci riesce anche, perché di Draghi tutti o quasi si fidano; tuttavia la Resistenza non sa niente del fantomatico killer. A sentire quelli della Resistenza loro non hanno mai assoldato un assassino, un personaggio estraneo a quegli ideali di giustizia che sono propri della Resistenza. Il sergente Draghi però è stato avvertito dal ministro e lui sa che un assassino c'è e che spetta a lui fermarlo. La faccenda non è affatto chiara. Draghi ha il vago sospetto d'essere stato incastrato in qualche modo, più in là però non gli riesce di vedere.

“La città nera” di Mauro Baldrati disegna purtroppo con estrema esattezza la società di oggi, la crudeltà che è in essa insita nonché la violenza fascista e il razzismo che miete vittime da Nord a Sud. Una distopia che come nel più negro medioevo mette in mostra i cadaveri, in piazza, alle porte della città, in qualsiasi pubblico ritrovo, affinché siano truce monito contro chi intendesse rovesciare lo stato pretoriano/fascista. Una cacotopia dove il totalitarismo ha lo spessore crudo e pleonastico del mattatoio di Vonnegut.

La città nera Mauro Baldrati – collana Pop2 – Gruppo Perdisa Editore – 1ma edizione, 2010 – pagine 318 – Isbn 978-88-8372-492-3 – Euro 18,50

 

 
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