Ladro di poesia
di Franco
Seculin
Grido
Non avere un Dio
non avere una tomba
non avere nulla di fermo
ma solo cose vive che sfuggono -
essere senza ieri
essere senza domani
ed acciecarsi nel nulla –
- aiuto –
per la miseria
che non ha fine –
10 febbraio 1932
Non credo di violare nessun
diritto o copywright che dir si voglia presentando l'immagine di questo
dolcissimo viso. Il volto di Antonia Pozzi poetessa suicida
all'età di ventisei anni…
“ All'alba pallidi vedemmo le rondini/sui fili
fradici immote/spiare cenni arcani di partenza…”
Mi sono imbattuto in lei
quasi per caso, per avere letto uno stralcio di una sua memoria evocante fra le
righe i suoi rapporti con l'idea di Dio e con la non presente necessità di
sentirlo se non in un eventuale futuro: “al bisogno”.
Ma leggendo quelle righe io non sapevo chi fosse, né potevo immaginare quanto
spazio vitale in quei pochi anni vissuti nella ricerca di una libertà assoluta
che solo il comporre versi poteva riservarle e per così poco tempo. Così la mia
natura mi trascina a volte in piacevoli scoperte o sorprese che solo posso
provare avven-turandomi sui sentieri della poesia come modesto fruitore. Al di
là dei grandi nomi, e mi sovviene il primo conosciuto ,
della poesia femminile, Gaspara Stampa, e dei segnali
ricevuti con ritardo, ma solo per citare, da Silvia Plath
e Erika Jong, devo dire che, senza nessuna ambizione
per accostamenti non voluti, il mare
magnum della poetica femminile mi affascina in modo particolare e …ancora
una volta sono stato premiato. Travolto da una prima lettura dei versi di
questa donna, fuori da un mondo che avrebbe dovuto
appartenerle, ho tirato a far mattina, al suono di una sveglia che a pochi
oziosi insonni appartiene…il canto degli uccelli che anticipa l'aurora, dal
vivo, a cinquanta metri dalla mia postazione di nottambulo scrivano.
E prima di arrivare a queste
righe mi sono onestamente procurato la materia, ma non scorrendone la
bibliografia o andando a sfrugugliarne la vita per sapere, se possibile,
il perché e il come di una decisione irreversibile. Dovevo leggere qualcuno dei
suoi versi e così sapere tutto quello che conoscerla avrebbe significato per
me, in questo nuovo impensato incontro. Il mio leggere
assomiglia a un furto con destrezza. Io sono un ladro, sì, ma affamato di
parole: quelle che con certa cadenza e indeterminata frequenza raccontano la
vita o la morte, l'esistenza comunque in sé considerata, con i colori di un
universo che solo il poeta può cogliere, scegliere e cantare. E in questo, come
ho già detto sono stato premiato con un ricco bottino che non troverà mai un
ricettatore: Antonia Pozzi. So benissimo di non poter competere con gli addetti
ai lavori, con i fiumi di elaborati e tesi sull'opera di questa giovane e
lirica poetessa assurta come si conviene, solo dopo anni dal suo suicidio, a
una consacrazione dovuta e, da un po' di tempo, ritenuta una delle voci
poetiche più risolute e significative del'9oo. Mi va di ricordare, senza fare
torto a nessuno, a chi volendo potrei solo lasciare ammirare il frutto della
mia destrezza, alcuni titoli – quando ci sono – e le immagini che più mi hanno
attratto per la loro smagliante lucentezza in un universo poetico, per me,
tutto da scoprire.
“Abbandonati in braccio al buio/monti/m'insegnate l'attesa:/all'alba – chiese/diverranno i miei boschi./Arderò – cero sui fiori d'autunno/ tramortita nel sole.”
E poi la forza delle immagini
suscitate dai versi de “Il cane sordo”:
questa strana creatura che sa di umano, testimone di una dignità profonda e
padrona di certezze assolute e che…
“Sordo per il gran vento/che nel castello vola e grida/è divenuto
il cane./Sopra gli spalti – in lago/ protesi –
corre,/senza sussulti:/né il muschio sulle pietre/a grande altezza lo
insidia,/né un tegolo rimosso./Tanto
chiusa e intera/ è in lui la forza/ da che non ha nome/più per nessuno/
e va per una sua/segreta linea/libero.”
…tanto mi parla e mi racconta
di sé: un Antonia che il fiume della libertà della
natura trascina lontano dall'atonia dei suoi giorni.
E per finire questo breve
raccontare di una notte trascorsa in meravigliosa compagnia, quasi che la mano
di Antonia Pozzi si sia poggiata sulla mia spalla per poter sbirciare, curiosa,
lasciatemi descrivere con i versi di
“Novembre” l'atmosfera di un destino già intravisto, forse voluto, in
ipotesi, con parole che evocano una non facile scelta, accompagnate dall'esile
presenza di una figura, fragile e gentile, che vende fiori designati sotto un
cielo che le appare ormai già lontano.
E poi- se accadrà ch'io me ne vada/resterà qualche cosa/ di me/nel
mio mondo -…un tenue fiato di bianco/ in cuore all'azzurro -/Ed una sera di
novembre/ una bambina gracile/ all'angolo di una strada/ venderà tanti
crisantemi/ e ci saranno le stelle/gelide
verdi remote-…qualcuno cercherà i crisantemi /per me/nel mondo/quando
accadrà che senza ritorno/io me ne debba andare.
Antonia Pozzi ( Milano, 13 febbraio 1912 – Milano 3 dicembre 1938)