Hanno scritto dei Canti Celtici
Rino Armato – Mail del 24
ottobre 2007
Ciao Renzo,
ho appena finito di leggere i tuoi Canti
Celtici: non c'era titolo più appropriato per tale raccolta di liriche che
sembrano proprio rievocare quei vecchi, melodiosi canti.
Mi sono
piaciuti, hanno un qualcosa di particolare, così come il tuo verseggiare,
spesso melanconico. Tempo, Immagini, Ricordi, Vita, Guerra, Sogni, sono temi
che tratti davvero sapientemente, dove le parole sono madide di sentimenti che
si mescolano armoniosamente.
Fantastico
quel verso che dice:
Già dormirò,
ma nel sogno/ scivolerò su quest'acqua silente.
sembra realmente vedere la scena, come ne:
i voli de
gabbiani disegnano le strade/ che gli dei del giorno percorrono/ per andare al
riposo della notte.
La mia
preferita è Polvere, che si rispecchiano i tempi del passato che si
confondono nel presente.
Grazie, ti
sono grato avermi far letto queste delicate poesie.
Un abbraccio
e
Chi ignora il
passato, chi non s'accorge del presente,/ passa senza
lasciar traccia.
Rino
Cinzia Pierangelini
il 21 ottobre 2007 sul suo blog
http://cochina63.splinder.com/
Renzo Montagnoli è diventato attraverso il web (non ci conosciamo
e forse non ci conosceremo mai) un caro amico, apprezzabile per l'equilibrio
dei giudizi che lo contraddistingue e l'umiltà e una grande generosità. Penso
anche a queste cose mentre, una al giorno, leggo le sue poesie. Poesie che lo
riflettono a perfezione e che lasciano dentro, con un alone di nostalgia
dolorosa, anche la promessa d'una speranza. Come di chi camminando nel fango
scorga più in là, a oriente, uno sprazzo d'azzurro nel cielo e vi si diriga
tenace, non ancora sconfitto. Un grazie, perciò, per questa lettura dolce che
mi tiene compagnia.
Enzo Lombardo - mail del 25 ottobre 2007
Caro
Renzo,
…..
Passando
ad altro voglio dirti che mi ha impressionato molto una poesia del tuo
libro (Guerrieri sull'acqua) il cui incipit da una sensazione visiva che sa di
miracolo: "Sorge
presto questa sera la luna / sembra emergere dall'acqua del canneto...". La definirei una poesia
"dinamica". Sarà la metrica, saranno le parole usate, non so, ma
sembra di aprire una finestra e guardare quei guerrieri antichi, sentire lo
sciabordio dei remi nell'acqua, vederne le armature scintillanti. Dalle volte
che l'ho letta la sto imparando a memoria! Sto rileggendo anche le altre: in
ognuna trovo spunti nuovi di riflessione.
Farti
i complimenti è poco, ma gradiscili lo stesso.
Un
caro saluto. A presto.
Enzo
Stralcio della lettera
del 25 ottobre 2007 inviatami da Viboldone da Don Luisito Bianchi
Carissimo Renzo,
ho sedimentato, ho riletto, ho rimirato,
e se volessi scegliere un verso che dica l'immersione nei sentimenti che ho
provato, eccolo, e bellissimo: “Fionda la luce a fugare le tenebre”,
ambivalente perché anche il buio fionda a fugare il giorno…i tuoi versi mi
sembrano un inno al tempo e alla sua assenza, trovando nel momento che fissa il
passaggio del colpo di fionda, la verità del sogno e nella realtà, il cairos (il tempo opportuno, favorevole), che elimina il cronos, divoratore dei suoi figli.
Il passato che riemerge r traccia le vie
del futuro, la presa di coscienza che “un altro mondo è profondo in noi”, che
entri nella “casa del tempo infinito”, il cairos
esterno, l'uomo senza tempo….che riemerge dall'oscurità.
……..
Grazie, caro Renzo, di
questa “spiritualità” incarnata, l'unica che sta ritta sulla terra.
Luisito
Patrizio Spinelli – intervento in ordine
alla recensione scritta da Miriam Ballerini – sul blog L'armonia
delle parole.
21 Novembre 2007 - 14:55
Se un libro di poesie, riceve così tanti commenti e recensioni a
pochi giorni dalla sua pubblicazione, vuol dire che ha centrato il suo
obbiettivo: quello di parlare al cuore e alla mente della
persone.
Se nella presentazione Patrizia Garofalo, ravvisa in
queste liriche, una trasposizione del sogno come rifugio del poeta davanti ad
un mondo in cui sono tramontati tutti i valori umani; di una società in caduta
libera verso il decadimento morale e la catastrofe planetaria, a mio modsto avviso, in questa silloge pare che Renzo, non sò fino quanto consapevolmente, abbia attinto alla tecnico dello "straniamento", per portare il
lettore a interagire "fattivamente" oltre che emotivamente di fronte
alla riproposizione in chiave fantastica del mondo di un lontanissimo popolo
come quello dei Celti, che viveva a strettissimo contatto con la Natura, e dalla quale si
faceva guidare come dea e madre " numinosa", nella loro vita
quotidiana. E proprio in questo odierno, quanto insensato "distacco"
dalla Natura, che ci fa perdere, pare dirci il poeta, quel mondo di sentimenti,
di quella solidarietà, di comunità, di quei valori e principi che dovrebbero
essere consacrati come valori fondanti in tutta l' umanità,
che invece soccombe e affonda sotto la spinta della barbarie, dell' egoismo e
del sopruso, dell' odio, della prevaricazione e della menzogna, e dello
sfruttamento, verso la sua distruzione. Forse, leggendo questi versi, che sono
un inno a tutto ciò che era di più sacro ad un popolo scomparso, possiamo
riacquistare quell' umana "pietas",
riavvicinarsi ai valori ancestrali e intramontabili dell' uomo, che davvero ce
n'è bisogno.
Fabrizio Corselli – mail del 22 novembre
2007 – h. 11,30
Carissimo
Renzo,
il libro è bellissimo. La cosa che più colkpisce è la
formidabile cadenza dei versi mista alla grande
atmosfera evocata. E bravo il mio caro Renzo.
…..
Fabry
Elisa Piano – mail del 26 novembre
2007 – h. 11,26
Caro Renzo,
Sono
poesie dell'anima le tue, che rispecchiano il desiderio di spiritualità e di
eterno che l'uomo oggi fatica a trovare.
Bisogno credere nella Poesia se si crede nell'Uomo!
Grazie, Renzo, per questa tua fede.
Elisa
Valentino Rocchi – mail del 19 marzo 2008 h. 08,22
Caro
Renzo,
ho letto e riletto i tuoi canti. Non ho titolo, io scrittore terragno, a dare giudizi su chi è capace di volare tanto
alto. Una domanda però voglio fartela: quante vite hai vissuto? Il tuo canto
solenne che par confondere realtà e visione onirica sembra cercare,
accompagnato da un suono lontano e suadente, la speranza di far riaffiorare
quel gene di una vita passata da trenta secoli, nascosto nel tuo DNA. Hai
rifiutato di morire quel giorno, in quella vita, ed oggi provi il timore che
questo tuo resistere e rivivere almeno nel ricordo possa rivelarsi vano. Il tuo
"testamento" lo dice chiaramente. Io posso solo fare una previsione:
questo, grazie alla tua POESIA non potrà accadere. Mai.
Valentino
Cesarina Bo – mail del 25 marzo 2008 h. 10,27
Mi chiedi dei tuoi Canti Celtici. Non ti ho mai detto nulla perché
non so commentare le poesie, anzi mi avvicino ad esse come se stessi sui
carboni ardenti. In realtà non mi piacciono quelle poesie di cui non riesco a
capire il significato perché troppo ermetiche e, per me, irritanti.
Nelle tue questo non mi è successo e sono riuscita a
sentire una certa musicalità, dolce, che mi accompagnava nella lettura senza
dover interrompermi in continuazione: hai presente come quando si è sospinti da
un lieve vento che ti spinge? Ecco!
A me sono piaciuti e te lo dico con sincerità. Resta la premessa che amo di più
la prosa, ma questo è un altro paio di maniche:-)
Cesarina
Flavio Ermini – mail del 25 marzo 2008 –
h. 15,39
Caro
Montagnoli,
ti ho scritto molto tempo fa sui Canti celtici. Ricordo che sono stato sui testi
per un bel po', dopo aver avuto il documento sulla scrivania del computer per
giorni.
Mi era piaciuta l'atmosfera sognante di cui il testo è pervaso. Ricordo anche
che avevo letto una tua intervista in proposito, dove avevo trovato delle
indicazioni di lettura che mi trovavano d'accordo.
Mi spiace che il messaggio non ti sia arrivato.
Un caro saluto
Flavio
Gian Paolo Serino – mail del 30 marzo 2008 – h. 01.06
Ciao Renzo,…..
Per quanto riguarda i canti celtici e di
fulvio ricordo, non sono a casa e non ho schermo
sotto gli occhi, che il primo o secondo intervento di luca
sulla scrittura aveva un sentire e una passione viscerale ma
poetica molto vicina ai canti celtici.
Canti di cui ti ho gia' scritto in una mail cosa ne
pensavo, ma ripeto (chiaramente e' una visione del tutto personale): si sente
una voce, e non e' poco davvero (il problema della poesia e' proprio questa
mancanza), si sente ed e' potenza, e' in potenza e non cieca, guarda al lettore
senza strizzargli l'occhio. In molti passaggi invece si sentono troppi echi da
(de)formazione,
un substrato tra lo scolastico e il
naturalismo del prosare che ne polverizza e impolvera
la voce.
Questo quello che (ri)penso.
Gian
Paolo
Mario Malgieri – mail del 5 aprile 2008 - h. 15,44
Inizio col dirti che
l'insieme della raccolta è molto omogeneo, stile e tematiche sono compatti,
tutto è percorso dal filo conduttore di una malinconia che spesso si fa
tristezza, ma con accenti epici, mai per il gusto delle lacrime fini a loro
stesse.
Il tuo linguaggio è ricco, le immagini ne
escono vive, seppure avvolte dalle velature del passato e spesso, modificate
dal ricordo.
Tra tutte le poesie, due
mi sono piaciute particolarmente, non a caso sono tra le più brevi, dove credo
tu riesca a tradurre al meglio la tua ispirazione in versi incisivi e musicali
e dove il lettore viene trasportato senza sforzo apparente in un mondo
parallelo, emozionante e tragico.
Parlo di
"Polvere", un accorato canto sull'inutilità della morte eroica, e,
"Il mormorio del vento" dove "una nenia lontana" mi evoca
il suono lamentoso di una cornamusa, a me supremamente caro, e nella sua
visione quasi animistica della brughiera mi riporta alle mie indimenticate
esperienze di viaggio in quei luoghi magici ma pervasi dal senso della morte.
Tutti i miei sinceri
complimenti per questa tua opera, caro amico.
Un abbraccio
Mario
Grazia Giordani – mail del 10 settembre 2008 –
H. 16,21
Caro
Renzo, penso che un'introduzione così acuta e accurata come quella di Patrizia Garofolo e un'analisi estetica tanto intelligente come quella di Alberto Carollo -
nostro comune amico - dovrebbero più che soddisfarti. Comunque, se tieni anche
al mio pensiero - premettendo che in veste di critico mi sono occupata sempre
solo di prosa (romanzi e saggistica) - posso assicurarti che molti sono gli
elementi accattivanti nella tua scrittura in versi.
Innanzi
tutto il senso del paesaggio intimo ed esteriore e poi la musicalità.
Ovvero un delicato lirismo che ti è proprio, atto a far prevalere l'emozione,
come a dire una scrittura "cardiaca", quasi il battito del tuo cuore
risuonasse nella parola scritta (cfr sorge presto questa sera la luna,/sembra
emergere dall'acqua del canneto,/in quell'immobilità del tempo/che è il
passaggio dal giorno alla notte...) Quindi, la forza del sogno
salvifico in quanto capace di offrirci una zattera, una barca di salvataggio
per superare il mare delle odierne delusioni (E la mente corre all'indietro, scavalca i
millenni del tempo,/a indovinare immagini di genti ormai dimenticate...)
E sarà proprio la tua vis poetica a ripescarne il ricordo, riscoprendo quella
"continuità" di cui sottolinei il valore. Lirica di nostalgie, la tua, ma aperta alla speranza perché ancor domani sorgerà il
sole.
Complimenti e
buon lavoro.
Grazia
Gavino Puggioni – mail dell'11 marzo
2009 – H. 10,12
Buongiorno
Renzo,
Ti invio mio piccolo pensiero su CANTI CELTICI e
un caro saluto.
CANTO
CELTICO è la prima poesia di questa silloge, IL SOGNO DEL VECCHIO è l'ultima.
Non
so se per una precisa e voluta impaginazione ma tra l'una e l'altra si snodano
i versi di Renzo Montagnoli, in un susseguirsi di emozioni e sensazioni, trovate e provate sulla propria
pelle, che sanno
di autentico, se non viscerale, amore verso la natura e il suo principale
compagno, che è l'Uomo nella visione onirica più alta.
Nel
Canto Celtico,"nella lenta melodia di una
cetra" pare che l'alba si predisponga a ricevere l'ineffabile bellezza del
tramonto quando ancora l'antico suonatore della lira pizzica l'evolversi malinconico
del giorno.
C'è
la nascita, la vita, la speranza di questa terra-uomo proiettata in "un
futuro senza memoria" dove l'umanità cerca la luce, ora offuscata da
nebbie malefiche, già pronta a rituffarsi nelle tenebre della notte.
Ne "Il sogno del vecchio" è
"il vento del tempo" che si fa padrone della nascita, della vita,
della speranza e in queste entità l'Autore fa navigare i suoi versi e li
pennella in una sequela di quadri dove i bambini giocano, dove gli amori
splendono, dove l'acqua disseta il custode della terra, dove la famiglia è
riunita intorno al desco. Dove le albe e i tramonti si alternano dentro, nel
tempo ,che invece scorre sopra ogni cosa, lasciandovi
magari carezze e tenerezze per alleviare dolori o tristi eventi.
E
"Il sogno del vecchio" riprenderà la luce del sole
anche se il buio dell'eternità accompagnerà la sua nuova alba.
Ciao
Gavino
Puggioni