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  Bell'Italia  »  Il palazzo Te a Mantova, di Renzo Montagnoli 04/11/2013
 

Il palazzo Te a Mantova

di Renzo Montagnoli

 

 

 

Non è solo perché è la città in cui sono nato, ma Mantova è un autentico gioiello, una città d'arte fra le prime in Italia. È doveroso ammettere che il merito di così tanto pregio sia della dinastia che per lungo tempo l'ha governata, quei Corradi originari di Gonzaga, paese a sud del Po, che, impossessatisi del potere con un colpo di stato a danno dei reggenti Bonacolsi, seppero costruire nel corso dei secoli una signoria fra le più famose e ammirate in Europa. Non fu certo facile per una piccola entità diventare famosa e un faro per l'arte, fu un lavoro costante, continuo che l'impose all'attenzione dei grandi regni delle epoche in cui i Gonzaga dominarono; grandi diplomatici, seppero sempre barcamenarsi fra i vicini e temibili stati limitrofi, in primis il ducato di Milano e poi la Serenissima, grazie a un servizio segreto di grande valore e alla parentela stretta con l'imperatore d'Austria, di cui, di volta in volta, erano cugini, nipoti o cognati.

È solo a loro che si deve la bellezza artistica della città, perché se avessimo dovuto aspettate i nativi mantovani la città sarebbe rimasta un borgo commerciale agricolo, magari di una certa importanza militare per la difesa costituita dai laghi che la circondavamo e che ancora in buona parte la attorniano. 

Tutto questo panegirico serve per introdurre a parlare di un'opera di rara bellezza, inferiore forse al palazzo Ducale e al Castello di San Giorgio, ma senz'altro ragguardevole. In pieno Rinascimento, Federico II Gonzaga (Mantova, 17 maggio 1500 – Marmirolo, 28 giugno 1540), figlio del marchese Francesco II e di Isabella d'Este, abilmente guidato dalla madre riuscì a ottenere l'investitura a duca, un titolo che non era solo onorifico, in quanto trasmissibile agli eredi e che aveva una valenza solo di poco inferiore a quella di Principe. Ben introdotto alla passione per le arti dalla genitrice, quest'uomo, che avrà una vita relativamente breve, fu protagonista di burrascosi accordi matrimoniali, che da sempre per i nobili erano sinonimo di accordi patrimoniali. Si spiega così perché spesso i Signori, accanto alla moglie ufficiale, avessero una o più amanti, e anche Federico II non sfuggì a questa regola, essendo perdutamente innamorato di Isabella Boschetti, figlia secondogenita di Giacomo, uomo di corte e d'armi dei Gonzaga. Di lei si racconta che fosse molto bella, tanto  da meritarsi il soprannome di “Bella Boschetta”. Cosa non si fa per un'amata, quali desideri e idee si annidavano nella mente del giovane Federico, come accasarsi senza rompere il matrimonio con la ricca Paleologa? Pensa e ripensa al duca venne l'idea, tanto utile a lui quanto ai terzi, perché avrebbe salvato le apparenze, pur essendo la sua relazione nota a tutti. A quell'epoca la città era divisa dal canale “Rio” in due grosse isole circondate dai laghi, poi ce n'era una terza, più piccola, chiamata da tempi immemorabili Tejeto, termine poi abbreviato in Te. Questo piccolo lembo di terra, disabitato, appariva l'ideale per costruirvi una residenza patrizia discreta e comoda al palazzo, da utilizzarsi non solo per convegni amorosi, ma come residenza per le feste, luogo di ricevimento di personaggi influenti e famosi. Federico non lesinò sulle spese e infatti scelse come progettista dell'opera un certo Giulio Romano (Roma, 1499 – Mantova, 1 novembre 1546) che a quei tempi erano uno degli architetti pittori più contesi. Questi in pratica ebbe carta bianca e così poté dar sfogo alla sua grande vena artistica, edificando un palazzo che ancor oggi meraviglia per la sua bellezza. Si tratta di un'opera imponente, un edificio a pianta quadrata, con all'interno un cortile pure quadrato, e che si snellisce su un lato grazie a un'ariosa esedra.  Certo, l'esterno si presenta bene, anzi è un bel colpo d'occhio, ma il meglio è all'interno, con delle sale affrescate, come quelle dei Giganti, di Amore e Psiche, delle aquile, dei venti o dello zodiaco, delle imprese, di Ovidio, del Sole, dei bassorilievi, dei Cesari, e soprattutto dei cavalli. Sì, i famosi cavalli dei Gonzaga, conosciuti e apprezzati in tutta Europa, al punto che il dono di uno di essi era considerato un regalo di grandissimo valore. In questa sala, normalmente destinata al ballo, le pareti sono affrescate con i ritratti a grandezza naturale dei destrieri preferiti dai Gonzaga, purosangue che per un ardito artificio ottico sembrano seguire il visitatore con il loro sguardo fiero e mansueto. Inoltre, i cavalli, per un accurato studio prospettico, sembrano uscire dalle pareti su cui sono dipinti e vi assicuro che si rimane sbalorditi per questo effetto. La sala è generalmente considerata una fra le più belle artisticamente esistenti al mondo e un simile giudizio lo merita tutta, anche per la capacità dell'architetto di darle un senso di grande profondità, pur non essendo sì certo piccola, ma nemmeno assai grande.

In mezzo a tanta magnificenza non poteva mancare un opportuno luogo appartato, una piccola costruzione a fronte dell'esedra, denominata appartamento del Giardino Segreto, non tanto forse un luogo di quiete e riflessione per il duca, bensì una comoda e discreta alcova. Doveva essere certo un fiore stupendo la Boschetti per meritare una simile dimora per una relazione nota anche al di lei marito, ucciso poi in circostanze misteriose, sì che oltre le corna dovette patire anche la morte violenta. Da lei Federico ebbe due figli: Alessandro (1520 – 1580), dignitario di corte , e Emilia (1524 – 1573), data in sposa a Carlo Gonzaga, signore di Gazzuolo.

Ecco, forse senza la passione e l'amore, Mantova non avrebbe beneficiato di questo tesoro artistico, perfettamente conservato, sede ogni tanto di grandi mostre, ancora lì a testimoniarci di un glorioso passato di cui senza gran merito godiamo i frutti.

Un'ultima doverosa notizia: in Palazzo Te sono presenti alcune interessanti collezioni permanenti. Mi riferisco: alla raccolta egizia composta da oltre 500 pezzi reperiti dal collezionista mantovano Giuseppe Acerbi, dal 1826 al 1834 Console Generale d'Austria in Egitto; alla collezione mesopotamica Ugo Sissa, reperti archeologici raccolti fra il 1953 e il 1958 a Baghdad; alla collezione gonzaghesca, che ricomprende una sezione numismatica e una dedicata ai sistemi di misurazione e di capacità, monete e misure in uso appunto nei territori dei Gonzaga; alla Donazione Mondadori, quadri di notevole valore di Federico Zandomeneghi e Armando Spadini, frutto della liberalità della famiglia Mondadori.

 

 

Quando visitare

 

Tutti i giorni, con i seguenti orari dall'11 novembre 2013:

Lunedì: 13.00 – 18.000;

Martedì-Domenica: 9.00 – 18.00

 

I prezzi del biglietto in vigore dall'11 novembre 2013:

Intero € 8,00

Ridotto € 5,00  (visitatori oltre i 65 anni, soci del TCI, gruppi di almeno 20 persone, possessori CARTARTE)

Ridotto speciale € 2,50 (visitatori fra i 12 e i 18 anni; studenti universitari)

Gratis per i bambini fino a 11 anni.

 

 

Come arrivare

 

In treno Mantova è lungo la linea ferroviaria secondaria Modena – Verona (poche corse, ritardi e cancellazioni piuttosto frequenti); dalla stazione Ferroviaria di Mantova a Palazzo è una comoda passeggiata di un paio di KM.;

 

In auto servirsi della A22 (autostrada del Brennero) – uscite di Mantova Nord e Mantova Sud, distanti dal palazzo, rispettivamente 9 Km. e 10 Km.; ci sono ottimi parcheggi nelle vicinanze.

 

 

Dove dormire e dove mangiare

 

http://www.turismo.mantova.it/index.php/hotel/lista/slot/vivere

 

http://www.turismo.mantova.it/index.php/ristoranti/lista/slot/vivere

 

Le immagini del servizio rappresentano, nell'ordine dall'alto verso il basso (fra parentesi il link del sito da cui sono state prelevate):

-         veduta di Palazzo Te (www.ilgiorno.it);

-         Sala dei Giganti (www.wikipedia.org);

-         Sala dei Cavalli (www.isolafelice.forumcommunity.net ).

 

 

 

 
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