La Chiesa di Santa Maria del Gradaro
di Renzo Montagnoli
Ci sono edifici di culto assai
modesti, che non sfavillano per ori e gemme, che non hanno avuto la fortuna di
pareti affrescate da un artista famoso, sono e sono sempre stati luoghi in cui raccogliersi
in preghiera lontano dai clamori del mondo. Penso a certe chiesette in
montagna, in fregio a stradicciole, a una sola navata, con un abbozzo di
campanile, che porta una campanella i cui rintocchi si perdono lungo i declivi
ombrosi, tre panche, due inginocchiatoi, un tavolo per altare e un Cristo in
croce, smussato nel legno che sembra rallegrarsi quando un fedele s'affaccia
sulla porta. Ma anche la pianura ospita questi poveri templi, quasi sempre
antichi e la cui storia è quanto mai tribolata. A Mantova, quasi in fregio al
lago Inferiore, nascosta da un quartiere fatiscente, si trova la chiesa di
Santa Maria del Gradaro, a me particolarmente cara
perché alla sua ombra sono cresciuto e ho trascorso quegli anni spensierati e
pieni di speranze di cui ora ho un ricordo forse ancor più luminoso di quanto
invece effettivamente sia stato. Ed è di questo tempio che intendo parlare.
Dove sorge, secondo una leggenda, patì il martirio San Longino,
il centurione romano che portò a Mantova il sangue del Cristo. Sembra che
nell'anno 1256 fosse già in corso di costruzione su incarico dei Canonici
Regolari di San Marco, un ordine religioso con sede a Mantova. Nel 1454 ai
Canonici Regolari subentrarono gli Olivetani, dietro espressa richiesta del
marchese Ludovico III Gonzaga e della moglie Barbara di Brandeburgo, entrambi
ritratti nella famosa Camera degli sposi nel castello di San Giorgio.
Purtroppo, con l'avvento di Maria Teresa d'Austria, venne avviata una politica
di generale riassetto dei tanti ordini religiosi, che subirono notevoli
ridimensionamenti e ne furono colpiti anche gli Olivetani, così che nel 1775 la
chiesa divenne un magazzino militare. Occorrerà arrivare al 1952 per vedere
nuovamente una presenza religiosa, perché in quell'anno il tempio e il contiguo
convento furono affidati alle Oblate dei Poveri di Maria Immacolata ed è sempre
in quella data che il Comune di Mantova acquista la chiesa dal Ministero della
Pubblica Istruzione, che ne era proprietario. I lavori di restauro iniziarono
nel 1962 e nel 1966 vi fu la riconsacrazione, con l'istituzione della
parrocchia dedicata all'Annunciazione della Beata Vergine Maria.
Questa è la sua travagliata storia, ma
a parte il valore religioso del tempio, è presente e non trascurabile una sua
valenza artistica.
L'interno è a tre navate, divise da
colonne e pilastri in cotto, secondo il semplice aspetto dell'architettura
gotica monasteriale; le cappelle laterali sono frutto delle trasformazioni
avvenute in periodo rinascimentale. Le decorazioni sono modeste, ma restano
tuttavia nel presbiterio consistenti resti di affreschi della fine del XIII
secolo, secondo i dettami della pittura musiva veneziana.
Più si guarda la sua bella facciata,
con il portone ogivale e il rosone, più è possibile rilevare l'origine gotica,
che poi trova ulteriore conferma all'interno con le tre navate con i
caratteristici archi che le separano. A onor del vero, nel suo complesso, pare
ispirata a una capanna, a un riparo povero e forse a quel rifugio in cui vide
la luce Gesù Cristo.
Mantova ha delle chiese senz'altro di
maggior interesse artistico, ma quella del Gradaro è
probabilmente l'unica, in cui, fedele o non credente, nei giochi dì ombra
disegnati dagli archi, nel silenzio assoluto, tanto che la città sembra distare
mille miglia, è n possibile un raccoglimento
in se stessi, una ricerca della parte più nascosta, un contatto con la
propria anima che non può che portare a una grande serenità. Non lambito dal
flusso turistico che popola le piazze di Mantova, questo tempio ci ricorda che
la semplicità e l'umiltà sono ricchezze senza prezzo, sono l'esempio di
un'esistenza vissuta a misura d'uomo.
Fonti:
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Diocesi di Mantova (www.diocesidimantova.it);
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LombardiaBeniCulturali (www.lombardiabeniculturali.it) in cui è
stata reperita la fotografia a corredo del presente articolo.
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