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  Bell'Italia  »  La torre della gabbia, di Renzo Montagnoli 04/01/2016
 

La torre della gabbia

di Renzo Montagnoli

 

Le nostre città, almeno nel settore più antico, sono sovente caratterizzate da torri, per lo più in mattoni, che svettano verso il cielo. Sono elementi architettonici che presentano indubbiamente un fascino particolare e che contribuiscono non poco ad abbellire il quadro generale. Alcune sono assai note, come quelle della Garisenda e degli Asinelli a Bologna e quella ancor più famosa di Pisa, inclinata come spesso capita per queste costruzioni, ma in misura considerevole, tanto da essere più conosciuta come la Torre pendente, anziché per l'eccellenza artistica del manufatto. Ci sono addirittura borghi che attirano frotte di turisti per la pluralità di tali edifici, come nel caso di San Gimignano in Toscana.

Fatta eccezione per le torri inserire nella cinta muraria delle città, la cui funzione era soprattutto di poter scorgere per tempo l'approssimarsi di un pericolo, per quelle interne non è univoco e del tutto chiaro lo scopo. Annesse a palazzi gentilizi possono anche essere considerate un rifugio in caso di faide cittadine, dei veri e propri masti, ma per lo più avevano una funzione di rappresentanza, una munificenza di famiglie che intendevano dimostrare con un'ardita costruzione tutta la loro potenza.

Anche a Mantova, città d'arte, non mancano tali costruzioni, tutte edificate, come le altre sparse per la penisola, in epoca medievale, giacchè l'avvento del rinascimento finì con il considerare questi manufatti rozzi e non degni di rappresentare la forza di un casato. Tuttavia non vennero abbattute, ma semmai ingentilite con inserimenti di motivi non sempre riusciti.

Forse nella mia città la torre più famosa è quella della gabbia, edificata agli inizi del XIII secolo su commissione della famiglia patrizia Acerbi. Nel 1281 fu venduta a Pinamonte Bonacolsi, capo della fazione ghibellina di Mantova e di fatto padrone della città, posizione sancita con l'investitura a Capitano Generale Perpetuo, riconoscimento a cui non poco contribuì Antonio Corradi da Gonzaga, di quella casata che nel 1329, cacciati appunto i Bonacolsi, si sostituì agli stessi.

Il manufatto, piuttosto tozzo, si eleva per 55 metri, consentendo, in cima, una vista d'insieme dell'intera città e dei suoi laghi. Con la cadiua dei Bonacolsi l'opera venne trascurata, fino a quando, diventata di proprietà della famiglia Guernieri, da questa fu ristrutturata  per essere ricompresa nel sottostante palazzo.  Si noti che ancora era conosciuta come torre Acerbi, poiché la gabbia non c'era, ma questa venne aggiunta nel 1576 dal duca Guglielmo Gonzaga, in modo da essere utilizzata come prigione all'aperto e di prigione proprio si trattava, vista la dimensione del cubicolo: due metri di lunghezza, un metro di larghezza e un metro di altezza. Più che una gogna era uno strumento di tortura, e al riguardo basti pensare che chi vi era rinchiuso era sottoposto continuamente alle intemperie.

Poi con il trascorrere degli anni, la sua funzione venne meno e dopo una serie di passaggi di proprietà la torre, bisognosa di restauri, fu donata dal Comune di Mantova che più recentemente ha avviato un progetto di recupero affinchè la stessa possa essere visitata, previo l'acquisto dell'appartamento privato che ne ostacola l'accesso e la messa in definitiva sicurezza dell'opera, peraltro lesionata dal recente terremoto. La volontà dell'amministrazione c'è, quel che manca è il denaro necessario e quindi ho il timore che chissà quando sarà possibile vederla di dentro, salire i suoi scalini e ammirare dall'alto un centro storico di grandissima bellezza.- Per il momento ci si deve accontentare di guardarla dal di fuori e magari immaginare quella gabbia occupata da un povero diavolo che più che scontare una pena detentiva era condannato a una lenta morte quaso certa.

 

Fonti:

-      Wikipedia (www.wikipedia.org);

-      Geoplan (www.geoplan.it);

-      Travel Italia (http://www.travelitalia.com/it/)

Nota: la fotografia a corredo dell'articolo é stata reperita sul sito http://www.fujiso.com/

 

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